Virginia Raggi (foto Ansa)

la fine dei "quattro moschettieri"

La partenza di Frongia per la Raggi è la fine di un'èra

Gianluca De Rosa

L'oramai ex assessore allo Sport è l'ultimo dei fedelissimi a lasciare la sindaca. Che ora si ritrova sempre più sola

Con l’addio di Daniele Frongia Virginia Raggi rimane praticamente da sola. Degli assessori che con lei si presentarono il 7 luglio del 2016 in Aula Giulio Cesare per l’insediamento della nuova giunta rimane, oltre alla sindaca, un’unica superstite, Linda Meleo, passata nel frattempo dalla Mobilità ai Lavori pubblici. Come anticipato dal Foglio, Frongia andrà al ministero delle Politiche giovanili come vicecapo di gabinetto della ministra Fabiana Dadone. E anche se con un piede resterà comunque in Campidoglio (rimarrà commissario per l’europeo di calcio) e anche se la sindaca ha sottolineato come “Resta inalterata la stima reciproca”, dietro la sua partenza c’è molto di più. C’è la fine di un’èra. Quella cominciata ben prima dell’elezione del 2016, ai tempi di Ignazio Marino sindaco, quando un manipolo di consiglieri barricaderi sedevano sugli scranni delle opposizioni. Erano i quattro moschettieri del M5s. Virginia Raggi, Marcello De Vito, Daniele Frongia ed Enrico Stefàno. Uniti, tenaci e, soprattutto, pronti ad aprire – come d’adagio grillino – anche palazzo Senatorio come una scatoletta di tonno a suon di occupazione d’Aula e conferenze stampa con allusive arance. Anni dopo le loro strade si sono definitivamente divise. Virginia Raggi si ritrova sempre più sola. Quasi circondata.

 

Anche nel Movimento in tanti vorrebbero un suo passo indietro per permettere l’alleanza con il centrosinistra alle prossime elezioni amministrative. Uno di loro è proprio Enrico Stefàno. Da tempo il più giovane dei quattro moschettieri, che pur ha una moglie in giunta (l’assessore alle Politiche sociali Veronica Mammì), ha abbandonato la sindaca creando una fronda interna di quattro consiglieri chiamata “Il piano di Roma” che spinge per l’intesa con i dem. 

E se Frongia se ne andato al ministero senza apparenti rotture (ma da un po’ era in cerca di una nuova sistemazione), con Marcello De Vito i rapporti la sindaca li ha ridotti da anni. Oggi il presidente dell’Assemblea capitolina, che due anni fa per mesi ha dovuto abbandonare l’Aula a causa dell’arresto nell’inchiesta stadio, gioca da battitore libero, sempre più in odore di una nuova candidatura non tra le fila grilline, ma in quelle del centrodestra (area Fratelli d’Italia). Con la sindaca De Vito sembra usare la strategia del bastone e della carota. Un giorno le alliscia il pelo lodando le iniziative dell’amministrazione, il successivo minaccia di diffidare la giunta al Prefetto “per non aver dato seguito alla volontà dell’Aula” espressa attraverso qualche mozione. 

D’altronde Virginia Raggi è da sempre abituata al ricambio di fedelissimi. Non solo per le mai immobili porte girevoli che negli anni hanno portato agli infiniti cambi all’interno della sua giunta, ma anche perché quando divenne sindaca, dai quattro moschettieri passò ai “quattro amici al bar”, il nome della chat nella quale proprio con Frongia (allora vicesindaco), Raffaele Marra e Salvatore Romeo decideva le sorti della città. Marra, allontanato dopo poco, è stato condannato in primo grado per corruzione e per abuso d’ufficio nel procedimento per l’incarico al fratello Renato che alla prima cittadina è costato un lungo e grottesco processo.
Adesso anche Frongia è volato al ministero. Solo Romeo, da dipendente del dipartimento Partecipate del comune, può continuare a guardare da lontano la sindaca, forse con un pizzico di nostalgia per quello che avrebbe potuto essere. Quella di Raggi, in fondo, è una storia di addii.

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