Il personaggio

"Deroga per meriti". Così Conte nel nuovo statuto M5s apre al terzo mandato

L'ex premier finora non ha affrontato il merito, ma è pronto a metterlo nero su bianco. Intanto tratta con Casaleggio per ottenere il database

Simone Canettieri

L'ex premier distribuirà le medaglie ai big e ai vice big meritevoli di un altro giro in Parlamento: il Movimento è già in fibrillazione

Sarà Giuseppe Conte a valutarne l’onore. In base al curriculum istituzionale e alla battaglie (campagna di Russia? No, taglio dei parlamentari e Spazzacorrotti). L’ex premier dispenserà altissime benemerenze. Per diversi, ma non per tutti, i big e vice big del M5s arrivati all’ultimo mandato. Donna Paola Taverna, vicepresidente del Senato, sarà dunque nominata cavaliere di Gran croce del Quarticciolo e centrerà la terza candidatura che ci sta come il cacio sui maccheroni? E i sottosegretari come  Carlo Sibilia e Manlio Di Stefano? E Vito Crimi?  E quanto varranno i ministri di Draghi (come Luigi Di Maio e Federico D’Incà)? E agli ex ministri – Bonafede & Fraccaro – sarà riconosciuta un’indennità da reduci o una Bacchelli bis? Nello statuto del nuovo M5s Conte ha un vecchio problema: il terzo mandato. E da buon avvocato ha scritto: “Deroga per meriti”. Distribuirà l’agognata medaglia e, come Re Artù, nominerà i Cavalieri della poltrona rotonda.  

Il problema è spinoso, per il generale che vuole guidare l’esercito grillino. Basta una parola sbagliata ed è subito rivolta. 
La settimana scorsa, Conte in collegamento con i presidenti delle commissioni parlamentari ha preso tempo, dicendo che c’erano anche le agenzie di stampa a origliare la riunione e che quindi era meglio soprassedere. Scuse? 

Questa storia del terzo mandato è l’ultima mina che gli ha messo Beppe Grillo sotto il trono, prima di farsi esplodere da solo con il video di difesa del figlio Ciro. Da quando il Garante, che nel nuovo statuto tale non sarà più con gli stessi poteri di prima, ha detto che il terzo mandato non esiste, Conte sa che tra le varie grane c’è proprio questa storia della deroga al secondo mandato. Ultimo tabù di un Movimento che in meno di dieci anni ha trasformato tutti i “mai” in sì: il Dracula Draghi, il Pd di Bibbiano, le alleanze, e poi la Tav, il Tap. Insomma, la lista dolente è nota. 
 

Ora c’è l’ultimo snodo della storia: sono sessantacinque i parlamentari arrivati all’ultimo giro di giostra. Conte ha confessato in questi giorni di volerne salvare al massimo una ventina. Ma per “meriti”. E non ci sarà un voto della rete a ratificare la sua decisione. Sarà leader e gran giurì.
Perché, come ha detto agli amici del Pd di Casa-Bettini, “uno non vale più uno”. 
Sarà tutto messo in bella copia nelle future sacre scritture contiane. Con appunto una postilla, magari scritta piccola piccola in fondo all’ultima pagina, che riguarderà le deroghe per chi potrà accedere alla terza legislatura.

Appena sarà tutto ufficializzato non mancheranno le reazioni. Nelle truppe parlamentari di oggi ci sono diverse anime. Dai peones al primo mandato (che tanto non saranno ricandidati e dunque non vogliono nemmeno aderire economicamente al nuovo progetto) alla vecchia guardia che rincorre il tris sapendo che potrebbe rimetterci la zampetta nella tagliola del merito. Da qui l’eterno spettro della scissione, che altro non è che diaspora.
Ma Conte vuole partire, ora basta, ha in mente di essere sempre più presente sui media, inizia a studiare interviste a tv e a giornali. C’è il grande evento online alle porte. Maggio sarà il mese della sua riscossa, attesa e rimandata, fino a diventare miraggio.

In queste ore – riferiscono al Foglio fonti vicine al dossier – è in piedi una trattativa con Davide Casaleggio. Il nuovo M5s e il mondo Rousseau si stanno parlando, dunque. Anche se i destini si sono ormai divisi, come riporta da ieri anche il Blog delle stelle alla voce mission. Una volta era l’house organ del M5s, il Blog. Ora “è il sito ufficiale della piattaforma di democrazia diretta e partecipata Rousseau”. E gestito dall’omonima Associazione “con l’obiettivo di dar vita a un luogo di informazione e confronto laico, trasversale e partecipato, aperto a tutti quei cittadini che vogliono approfondire i fenomeni più rilevanti e i cambiamenti del mondo che ci circonda, e far sentire la propria voce portando avanti battaglie all’insegna del civismo inclusivo”.

Enunciazione, enunciazione. Conte per partire ha bisogno dei dati degli iscritti, custoditi nella cassaforte di Casaleggio, e senza di quelli è fermo, inutile anche disporre di un’altra piattaforma. Ecco perché si è messo in moto per cercare un accordo economico (il figlio di Gianroberto vanta crediti per quasi mezzo milione di euro con i parlamentari grillini). La svolta è attesa comunque in settimana dal tribunale di Cagliari che potrebbe obbligare il M5s a eleggere l’organo collegiale, come deciso agli Stati generali, teoricamente su Rousseau. Il solito guazzabuglio. Ecco perché si cerca una soluzione extragiudiziaria tra le due anime del vecchio M5s. Un’intesa pratica. Per poi pensare al futuro, dice Conte. Con un nuovo statuto e una nuova carta dei valori. Ma con il solito problema: chi saranno gli onorevoli uomini (e donne) così meritevoli da ottenere un’altra candidatura in un parlamento con un terzo di posti in meno?

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.