(foto Ansa)

il risiko nomine

Minenna cadente. Dopo Arcuri, sarà lui il prossimo a saltare

Luca Roberto

Cambio all'Agenzia delle dogane. I Cinque stelle non difenderanno l'ex dirigente della Consob. Per Invitalia forte il nome di Bernardo Mattarella

Roma. Il dubbio è sorto subito dopo la cacciata di Arcuri. Fino a quando, ha iniziato a chiedersi a un tratto Marcello Minenna, il suo posto ai vertici dell’Agenzia delle dogane potrà considerarsi al sicuro? Tutte le certezze, del resto, sono crollate. E chi solo fino a ieri garantiva (o quantomeno millantava) una stoica protezione, oggi non è più in grado di promettere alcunché. Di certo non quell’apparente insostituibilità propria della fase politica di cui la nomina di Minenna era figlia. Ché la sostituzione del commissario straordinario all’emergenza sanitaria potrebbe sempre aver dato il via a quel tanto temuto effetto domino che finisca adesso con lo spazzare via, in maniera incontrollata e un pezzo alla volta, la stagione delle nomine grilline nei vari gangli dell’amministrazione statale.

 

Ragionamento ancor più valido se si tiene conto del fatto che Arcuri, dopo aver dovuto rinunciare a gestire la campagna vaccinale, potrebbe nelle prossime ore essere destituito pure dal ruolo di amministratore delegato di Invitalia, player delle mille vertenze (ex Ilva su tutte) dell’economia italiana. Per cui avanza fortissima la candidatura di Bernardo Mattarella, nipote del capo dello stato, che ad lo è già dell’istituto bancario del Mediocredito centrale.

 

All’epoca del governo rossogiallo l’incoronazione di Minenna, ex assessore al Bilancio di Virginia Raggi a Roma, editorialista del Sole 24 Ore, un passato da consulente della procura di Trani nei processi contro le agenzie di rating, seguì una logica spartitoria precisa da parte del Movimento cinque stelle: che dopo essere riuscito a piazzare Pasquale Tridico all’Inps e Mimmo Parisi all’Anpal durante il Conte I, trovò attorno alla figura dell’economista barese un’intesa non ostile con il Partito democratico, forte anche della difesa operata in prima persona da Goffredo Bettini, ideologo del BisConte. Il diretto interessato in realtà ambiva alla presidenza della Consob, in cui aveva lavorato per anni da dirigente e in cui la presidente della commissione di Vigilanza sulle banche, la grillina Carla Ruocco, lo avrebbe voluto dislocare assecondando un’amicizia di lungo corso. Ci provò con ogni mezzo, attirandosi gli strali dei colleghi del movimento, tra cui Laura Castelli, che ne sottolinearono a più riprese l’inopportunità. Ma si dovette fermare contro lo scoglio del Quirinale. Mai del resto il presidente Mattarella avrebbe permesso che a ricoprire un incarico così delicato fosse chi davanti all’ipotesi di uscire dall’euro aveva commentato: “Avere nel cassetto il piano B è una questione di buon senso”.

 

Non si può certo dire, in ogni caso, che non si sia calato nella parte, Minenna. Se è vero che qualche mese dopo essere stato nominato, lo si vedeva prestare la propria immagine ossuta a favore di spot che promuovessero l’Agenzia da lui presieduta: distintivo calato sul petto, ne attraversava i corridoi al rallentatore, come fosse in una puntata di “Ncis”. Qualche giorno fa Dagospia ha scritto come per direttiva abbia dotato i dipendenti delle Dogane di uniformi, baschi e panciotti con la scritta a caratteri cubitali Adm. Praticamente promuovendosi a grado di “generale”, al pari delle Forze armate. Con tanto di rosone e “greca” sul bavero.

 

In queste ore il presidente del Consiglio Mario Draghi è alle prese con un valzer di nomine di cui l’unica certezza sembra essere la permanenza di Ernesto Maria Ruffini all’Agenzia delle entrate. Mentre sulla delega allo Sport, che Draghi intende cedere, è in atto un bailamme tra il fronte Malagò-Gianni Letta e quello Giorgetti-Cinque stelle sull’indipendenza della società Sport e Salute rispetto al Coni. Si fa il nome dell’ex fondista Manuela Di Centa ma è probabile che alla fine il ruolo sarà affidato a un tecnico. Tutta una serie di indizi, quelli che si vanno allineando, con cui il governo vorrebbe anche da un punto di vista comunicativo manifestare una certa discontinuità. E che hanno convinto i grillini di non essere più nella condizione di fermare la slavina. Dopo Arcuri, nessuno salverà Minenna.