editoriali
I grillini nel Pse? Un'ottima idea
La svolta del M5s e poi la Lega con il Ppe. Il bipolarismo passa dall’Europa
L’ipotesi che i 5 stelle entrino nel gruppo socialista al Parlamento europeo ha suscitato qualche reazione ostile, per esempio quella di Carlo Calenda che pronuncia un secco “se entrano loro esco io”. Calenda però non è decisivo e le riserve di alcuni parlamentari europei del Pd appaiono tattiche e quindi superabili. Questa possibilità, insieme a quella, più o meno simmetrica, di un’adesione della Lega al gruppo popolare, dovrebbe essere salutata con soddisfazione da parte delle forze che si sono opposte e si oppongono ai sovranismi. Se le principali forze politiche italiane si collocassero nelle due grandi famiglie politiche europee, il sistema politico italiano perderebbe alcune delle sue caratteristiche anomale e si inserirebbe in una dialettica simile a quella dominante nel Vecchio continente.
Popolari e socialisti rappresentano, in condizioni normali, i poli di aggregazioni in competizione, ma in situazioni particolari e al livello continentale possono collaborare, come accade ora anche in Italia con la maggioranza che sostiene il governo di Mario Draghi. Mettersi a fare un esame del sangue retrospettivo per verificare se le adesioni di cui si parla hanno un ancoraggio ideologico sufficientemente solido vuol dire tornare indietro, quando a sinistra per esempio l’adesione all’Internazionale socialista fu tema divisivo e l’adesione al Pse avvenne assai tardi e proprio per iniziativa di Matteo Renzi. Se un partito come i 5 stelle che aveva inaugurato la sua presenza europea nel gruppo di Nigel Farage, profeta della Brexit, finisce in uno dei gruppi tradizionalmente più europeisti, questo è un successo innegabile dell’Europa, quali che siano i moventi che spingono a questa operazione. Se anche i 5 stelle puntassero a una presenza in Europa più riconosciuta e quindi a ruoli più impegnativi, che male ci sarebbe?
L'editoriale del direttore