Il "Sorpasso" di Conte

Carmelo Caruso

Trattenuto dal M5s che gli tira la maglia, spinto dal Pd che gli chiede di salire sulla sella e di scalare la montagna, su Facebook il premier rispolvera “l’arte di correre” tanta cara a Renzi. E chiama il centrodestra: "Incontriamoci"

Non sono gli Stati Generali da cui siamo “usciti con moltissime idee” e non è neppure la sburocratizzazione “modello Genova”, il decreto semplificazioni. C’è adesso la “velocità” nelle frasi di Giuseppe Conte che difende le sue leggi e annuncia che è “il momento del coraggio. L’Italia non è disposta a fare passi indietro. Tutti dobbiamo osare”, al punto da aggiungere, rivolgendosi a Forza Italia, che rimane questa “la forza politica più responsabile e dialogante”. Ed era solo ieri quando sul suo profilo Facebook postava il pensiero dinamico “è questa l’ora della concretezza, è arrivato il momento di correre”. 

 

 

Ha scelto un verbo che non ha mai esibito, un suo inedito, quel “correre” (ma chi lo ha mai visto marciare con gli shorts?), lui che di solito è l’uomo in abito che non è solo la stoffa del leader, ma un modello di pazienza, la virtù cardinale che con Nicola Zingaretti condivide a differenza di Matteo Renzi che si sa “è un fenomeno”, ma questo governo non “ha bisogno di fenomeni”, avvisava lo scorso ottobre Conte che a Renzi chiedeva “correttezza altrimenti non si va avanti”. Se c’è una qualità che a Conte hanno tutti riconosciuto e che, non è un caso, ha voluto contrappore all’altro Matteo, Salvini (“Uno che non studia”), ebbene, quella qualità è la lentezza, lo zelo con cui compulsa i dossier, l’analisi che durante la pandemia ha infatti ostentato perchè “non possiamo permetterci sbandate”, “gli scienziati ci dicono…”.

 

Cosa è dunque accaduto? Da ieri è tornata “l’arte di correre” che, negli anni felici della “rottamazione, non è stata solo un libro fortunato di Murakami, un saggio sul talento, testo che nel 2014 venne offerto ai paparazzi di Montecitorio, tenuto sotto braccio e poi sui banchi del governo, manifesto di chi voleva essere preso sul serio, i pantaloni lunghi di una giovane e nuova classe dirigente. Ritorna la corsa, ora che Conte deve misurarsi con il rischio “palude” che gli rimprovera il Pd e il segretario Zingaretti (a proposito, per lui “L’eleganza del Riccio?), gli indugi ormai inaccettabili sul Mes che ancora è discordia, e poi la decisione (rimandata) su Aspi malgrado le insistenze di Paola De Micheli, ministro delle Infrastrutture (“presidente, ma quando decidiamo?”). La manovra e l’aggettivo “poderoso” lasciano il “passo” alle novità che contribuiranno ad “accelerare” il rilancio di settori strategici dell’economia e il decreto semplificazioni è lo snodo, scrive sempre il premier, “fondamentale per velocizzare il paese”. Trattenuto dal M5s che gli tira la maglia, spinto dal Pd che gli chiede di salire sulla sella e di scalare la montagna, Conte, abile, si scansa da tutti e due e chiede aiuto alle opposizioni che invita, blandisce: “Incontriamoci”. È nella fase del “sorpasso” che è l’unica adrenalina italiana, un impasto di tragedia e commedia, ma pur sempre il meglio dell’estate.

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