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I senatori Pd si preparano a ingoiare il rospo Bonafede

Valerio Valentini

C'è malumore nei confronti del Guardasigilli ma prevale il senso di responsabilità: “Niente sfiducia, non si può aprire una crisi di governo in questo momento”. Anche Renzi sulla stessa linea

Luciano D'Alfonso, con pragmatismo abruzzese, l'ha messa giù con un paragone automobilistico: “D'accordo, domani votiamo no alle mozioni di sfiducia, ma dobbiamo smettere di accontentarci di un ministro che va in giro col foglio rosa e fargli fare l'esame di guida”. Voce non esattamente fuori dal coro, quella del senatore del Pd. Visto che in parecchi, tra i suoi colleghi riuniti in assemblea al Senato da Andrea Marcucci, si sono sfogati contro “le barbarie” del Guardasigilli. Ed è un lamento, quello fatto alla vigilia del voto in Aula su ministro della Giustizia, che sale da un po' tutte le componenti del partito. È stato critico l'intervento di Luigi Zanda, vicino al segretario Nicola Zingaretti, e ancor più critico quello dell'orfiniano Francesco Verducci. E lo stesso vale per il riformista Alan Ferrari e per Tommaso Nannicini, battitore libero che ormai, alle riunioni del gruppo, ci va con l'aria della Cassandra: “All'inizio ero l'unico a criticare questo governo, ora sono quasi un moderato”. E anche stasera ha comunque ribadito la sua posizione: “Per uno che è diventato socialista negli anni 90 la linea di Bonafede sulla giustizia è lontana anni luce, ma non ho mai pensato di votargli la sfiducia perché la giustizia è un tema non di un ministro, ma del cuore dell’indirizzo politico del governo”. E poi ha rilanciato: “Vorrei vedere la linea del Pd espressa con più forza: siamo garantisti e non siamo il partito delle procure”.

 

Valeria Valente, esponente del Pd in commissione Giustizia, già ieri esibiva il suo scetticismo: “Voterò la fiducia ma sono tra coloro che ascolterà con molta attenzione quello che dirà in aula Bonafede perché credo che la gestione del tema carceri abbia evidenziato molte criticità, che sono esplose nell'emergenza ma erano ben visibili già da molto tempo”, diceva. “Da chi ha mandato in soffitta la riforma dell'ordinamento penitenziario – aggiungeva la Valente – mi aspetto risposte, assunzioni di responsabilità e cambi di rotta. Voterò contro la sfiducia perché sono contraria ad aprire una crisi di governo in un momento come questo, tanto più che è un momento in cui il sistema giustizia è in forte affanno. Proprio per questo la mozione dovrebbe essere l'occasione per discutere di questo anziché il modo subdolo per fare uno sgambetto alla maggioranza”. 

 

Ventiquattro ore dopo, l'assemblea del gruppo ha dimostrato che non è l'unica a pensarla così. Perfino il capogruppo Marcucci, alla fine, nel tirare le somme manda un messaggio non proprio conciliante, a Bonafede: “Domani votiamo contro le mozioni di sfiducia perché non vogliamo una crisi di governo. Certo il ministro Bonafede in molte occasioni non ci è piaciuto affatto ed  il caso più noto è quello della prescrizione. Domani voteremo soprattutto per salvare il governo ma il Guardasigilli ora deve ricordarsi di essere ministro in un governo di coalizione nella stesura delle riforme del processo penale e civile. C'è un problema di metodo – prosegue Marcucci – che il M5s deve per forza modificare, non è che se hanno un ministro possono pensare di ignorare la necessità di una strategia condivisa. Questa mancanza di disponibilità riguarda Bonafede e riguarda anche la ministra dell'istruzione Azzolina”.

 

A dispetto del malessere interno, o forse proprio per questo, nel Pd hanno comunque deciso di lasciar parlare, domani in Aula, due esponenti assai distanti dalle posizioni più critiche contro Bonafede, come Franco Mirabelli e Anna Rossomando. Ma del resto l'esito del voto è ormai scontato, dal momento che Matteo Renzi ha già fatto sapere ai suoi parlamentari che Italia viva non voterà la mozione di sfiducia di Matteo Richetti ed Emma Bonino. “Non combattiamo il giustizialismo di Bonafede a colpi di giustizialismo”, è il senso del discorso che l'ex premier sta scrivendo. “Il futuro dell'Italia conta più di quello di Italia viva, per cui non apriamo una crisi di governo in questa fase”. E del resto Renzi rivendicherà come il suo partito, a differenza di quanto fece il M5s con Lupi, la Guidi, la Boschi e Lotti nella scorsa legislatura, non brandirà l'ascia delle mozioni di sfiducia individuali. E anzi, la proposta che Renzi sta meditando di farà riguarda l'istituzione di un tavolo tecnico sulla Giustizia, per correggere le storture delle riforme di Bonafede, affidandone la guida – questa, almeno, è l'intenzione dei renziani – a Gian Domenico Caiazza, presidente dell'Unione delle camere penali

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