Andrea Orlando e Nicola Zingaretti (foto LaPresse)

L'attacco di Orlando a Fca spacca il Pd

Valerio Valentini

Le parole dell'ex ministro sul prestito all'azienda torinese sono state ridimensionate da Zingaretti

Il pronunciamento del segretario è arrivato che ormai la giornata, per gli organi apicali del suo partito, aveva già offerto tutta la sua pena. Perché le discussioni tra Andrea Orlando e un bel pezzo dei vertici del Pd sono scoppiate già in mattinata, e sono proseguite fino quasi a ora di cena. Quando, cioè, Nicola Zingaretti c'ha tenuto a dire la sua, sul caso delle garanzie statali ai prestiti chiesti da Fca. Facendolo, peraltro, con quel suo stile un po' così, da dico e non dico, ma forse dico, o forse no. Ma insomma, è stato chiaro che, pur coi suoi toni sempre sfumati, il segretario del Pd ha ridimensionato non poco l'iniziativa del vicesegretario del Pd, pur accogliendone alcuni punti di principio. Dicendo, cioè, che "nelle politiche di incentivi e prestiti con garanzia statale alle imprese e ai grandi gruppi industriali deve essere determinante la finalità di utilizzo delle risorse che devono servire a stabilizzare l’occupazione in Italia e a non delocalizzare le produzioni, e a realizzare una nuova stagione di crescita, innovativa che punti alla sostenibilità. Purtroppo in Italia molte volte gli accordi sono stati disattesi, con gravi danni per i lavoratori e i soldi pubblici". Insomma, "il governo dovrà vigilare con la massima attenzione - scrive Zingaretti su Facebook - su questi strumenti e sugli effettivi utilizzi che le imprese faranno di queste risorse, Fca compresa".  

 

  

Ben altro piglio, evidentemente, rispetto a quello esibito da Orlando. Che sabato pomeriggio aveva tuonato su Twitter: "Senza imbarcarci in discussioni su che cosa è un paradiso fiscale credo si possa dire con chiarezza una cosa: un’impresa che che chiede ingenti finanziamenti allo Stato italiano riporta la sede in Italia. Attendo strali contro la sovietizzazione e dotti sermoni sul libero mercato". Gli strali contro la sovietizzazione no, ma le critiche sono piovute. In particolare quelle che Marco Bentivogli ha illustrato nella sua intervista a Repubblica, subito rilanciata da Andrea Marcucci. "Le parole del segretario dei metalmeccanici Cisl Marco Bentivogli - twitta di buon mattino il capogruppo del Pd al Senato - dovrebbero aiutare a chiudere una polemica sganciata dai fatti. Dopo due mesi di blocco della produzione, il prestito chiesto ad una banca privata da Fca serve a garantire lo stipendio dei dipendenti e dei fornitori di tutta la filiera. Bene il Governo ad essere ricorso alla garanzia statale prevista dal decreto Liquidità".

 

Apriti cielo. Nelle chat interne, il risentimento di Orlando e dei suoi fedelissimi è visibile, per quella che viene vista come una stroncatura pretestuosa. Marcucci replica a tono. Gli animi si scaldano, seguono telefonate e messaggi concitati tra dirigenti e parlamentari del Pd. E a quel punto la discussione si riversa anche nella chat della segreteria del partito. Perché, se è vero quello di Marcucci è nei fatti un attacco al numero due del partito, è anche vero che l'uscita di Orlando contro Fca non era stata né concordata né condivisa a livello di partito. E tocca ad Emanuele Fiano, responsabile Esteri ed esponente di quella stessa corrente di Base riformista a cui appartiene anche Marcucci, contestare a Orlando il metodo poco collegiale della sua dichiarazione. E, di nuovo, altri battibecchi. Con Nicola Oddati, responsabile Cultura, a prendere le parti di Fiano, altri in sostegno di Orlando, e la maggior parte impegnata a spegnere l'incendio. Tutti, comunque, nell'attesa di un intervento risolutivo di Zingaretti. Che arriva, però, solo alle sette di sera. 

 

Del resto, non è la prima volta che, in questi ultimi giorni, le dichiarazioni di Orlando scatenano discussioni dentro al Pd. Era successo anche il 7 maggio scorso, quando il vicesegretario era parso vagheggiare un ingresso dello stato nella governance delle aziende che ottengono sussidi nell'emergenza Covid. E anche lì, grandi polemiche. Stefano Ceccanti, costituzionalista e deputato del Pd, aveva provato a risolverla in quel caso con ironia, paragonando, coi suoi colleghi di Base riformista, Zingaretti ad Allende. "Com'è noto, dalle memorie di Kissinger, Ciu En Lai incontrò Allende dopo la sua vittoria in Cile e gli disse: 'Mi raccomando, andateci piano col socialismo'". 

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