Matteo Salvini (foto LaPresse)

Salvini vuole accelerare la crisi ma ha un Metropol per capello

Valerio Valentini

Mentre propone la pacificazione nazionale, il leader della Lega continua a lavorare per erodere i numeri della maggioranza e mettere in fibrillazione il governo. Il timore, adesso, ha a che fare con la magistratura

Roma. Con quell’insofferenza tutta recitata alle questioni di Palazzo, Roberto Calderoli l’ha sintetizzata così, la mezz’ora di colloquio coi partiti di maggioranza: “Gli ho detto che a noi va bene tutto, anche il proporzionale, purché ci facciano votare presto”. Del resto alla Lega questo interessa, ora: accelerare la crisi, dissimulando l’ansia di una rapida capitolazione degli eventi con l’apparente serenità di chi propone contorti tatticismi, prospettando a giorni alterni l’accusa per alto tradimento al governo e tavoli delle riforme condivisi. Un atteggiamento che lascia basito perfino chi, come Luciano Violante, ne ha viste tante: “Ma davvero chi ha gridato per mesi contro l’inciucio predica ora le larghe intese?”, si chiede, con un ghigno di perplessità sul viso, l’ex presidente della Camera. Il quale, nel caos in cui è avviluppata la politica italiana, enuncia comunque una sua certezza: “L’unica cosa che mi sento di affermare è che questo è l’ultimo governo della legislatura”.

 

Ed è forse coltivando questa stessa speranza che Matteo Salvini, mentre propone la pacificazione nazionale, continua a lavorare per erodere i numeri della maggioranza (“Se ne vedranno ancora delle belle”, se la ride il senatore Stefano Lucidi, appena passato dal M5s alla Lega) e mettere in fibrillazione il governo. Perché il timore, adesso, ha a che fare con la magistratura: ci sono le indiscrezioni crescenti sugli sviluppi del caso Metropol, e c’è l’autorizzazione a procedere sul caso Gregoretti, che sembra scontato. La speranza leghista, inconfessata, sta nel soccorso di Italia viva in nome del garantismo, della non ingerenza dei giudici nella politica. Gli stessi valori per cui, sibila Matteo Renzi coi suoi, Iv aveva indetto una discussione al Senato la scorsa settimana, dove però Salvini non ha partecipato. Anche per questo Roberto Giachetti esclude ripensamenti: “Sulla Diciotti votammo convintamente a favore dell’autorizzazione, e credo che faremo lo stesso ora”. E così a Salvini non resta che sperare in un blitz al rientro dalla pausa natalizia. Magari prima del 20 gennaio, quando la giunta per le immunità del Senato.

 

E, per paradossale che sembri, proprio Forza Italia assume un ruolo non del tutto secondario, nel definire lo scenario che verrà: se non altro perché, nel suo sbraco totale, viene tirata da un lato da chi vuole stabilizzare il governo, dall’altro da chi vuole condannarlo a morte. E così, mentre Mara Carfagna e Paolo Romani s’accingono a lanciare le loro componenti centriste (“Conte? Una grande personalità, continua a lanciare messaggi importanti a noi moderati” dice Osvaldo Napoli), sul fronte opposto Maria Stella Gelmini s’industria per allestire, pure lei, la sua corrente. E così mercoledì ha organizzato la sua “contro-cena”, convocando una ventina di deputati forzisti: da Marco Marin, gran cerimoniere della serata, a Mauro D’Attis, da Carlo Giacometto a Claudia Porchietto, da Valentina Aprea ad Annagrazia Calabria.

 

Si spiega anche alla luce di questa fragilità forzista la facilità con cui Salvini, dopo aver sollecitato Anna Maria Bernini a trovare nuovi senatori firmatari per la richiesta del referendum sul taglio dei parlamentari, le ha invitate a non abbassare la guardia, allestendo una truppa di riserva pronta a intervenire alla bisogna. “La situazione è bizzarra” ammette il senatore azzurro, anti-sovranista, Andrea Cangini. “Chi, come me ha organizzato la raccolta firme per una questione di merito, s’accorge che l’iniziativa è strumentalizzata da chi spera nel rinvio del taglio solo per accelerare la crisi. Qualcuno di noi potrebbe ritirare le firme, ma ci sono altri esponenti di FI, più vicini a Salvini, pronti ad apporre le loro”. Un incrocio di trame cervellotico e un po’ avvilente, dove s’innesta anche il rebus sulla legge elettorale. Su cui però la maggioranza, dopo una giornata trascorsa a confrontarsi con le opposizioni sul tema (Fratelli d’Italia contraria al proporzionale, FI contraria al sistema spagnolo), ha deciso di rallentare: se ne riparla dopo le vacanze, quando (forse) il quadro sarà più chiaro. “Ma mai come in questo caso – sentenzia Federico Fornaro, capogruppo di Leu – i destini del governo dipendono dal governo. Se reggiamo ora, poi duriamo davvero”. E anche Salvini pare saperlo.

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