Matteo Salvini (foto LaPresse)

Il giusto processo contro Matteo Salvini

L’assedio più rischioso per l’ex Truce non arriva dalle procure ma dalla realtà

Matteo Salvini, lo sappiamo, è uno dei leader più amati d’Italia, il suo partito si trova da mesi in cima a tutti i sondaggi, da quasi due anni la sua coalizione vince quasi tutte le elezioni locali, si presenta come il grande favorito alle regionali che si andranno a celebrare il prossimo anno, ma da qualche tempo a questa parte il leader della Lega non può non aver notato che all’interno della sua traiettoria è subentrato un ostacolo che rende la visuale sul futuro più difficile di un tempo. Il processo relativo al caso Gregoretti verso cui rischia di andare incontro Salvini per essere passato come una ruspa sulle norme non derogabili che governano il diritto del mare è solo una parte del clima di assedio all’interno del quale si trova il leader della Lega.

 

L’assedio contro Salvini non ha soltanto una sua tipicità giudiziaria ma ha una sua capillarità decisamente più diffusa. Il processo più pericoloso con cui deve fare i conti Salvini, almeno per il momento, non è quello relativo alle aule dei tribunali bensì quello relativo a un’indagine spietata portata avanti contro l’ex ministro da un nemico tosto chiamato realtà. La realtà è lì a processare Salvini quando il Papa dice che i porti non si chiudono. Quando centinaia di migliaia di persone scendono in piazza per protestare contro di te senza che tu sia neppure al governo. Quando il Partito popolare europeo fa risuonare il rumore delle pernacchie di fronte all’idea che la Lega possa entrare nel Ppe. Quando un governo debole come quello attuale nonostante tutto viene percepito dagli investitori come più affidabile rispetto a quello precedente. Quando l’Europa che doveva essere cambiata dalla rivoluzione nazionalista prova a cambiare senza aver bisogno dei voti dei nazionalisti. Quando i tribunali dimostrano che la nave guidata da Carola Rackete non doveva essere sequestrata. Quando il ministro che ti ha sostituito al Viminale riesce a rimpatriare ogni mese un numero di irregolari superiore di cinque volte rispetto a quelli che rimpatriavi tu. Quando ti rendi conto che sull’immigrazione, vedi alla voce decreto sicurezza – fatto a pezzi negli ultimi mesi da una serie di provvedimenti giudiziari – hai sfidato lo stato di diritto e ne sei uscito con le ossa rotte. Quando capisci che il governo può durare più del previsto e sei costretto a tendere una mano sulla legge elettorale allo stesso premier che avevi definito un traditore della patria. Quando nel fare opposizione al governo attuale ti ritrovi a fare opposizione a tutta una serie di provvedimenti, dall’abolizione della prescrizione alla riforma del Mes passando per il reddito di cittadinanza, che aveva avallato il tuo governo. Quando il tuo alleato più importante, Giorgia Meloni, non perde occasione per infierire sulle tue contraddizioni. Quando per essere salvato alla giunta per le immunità sul caso Gregoretti devi fare affidamento sul partito di Renzi. E quando per sperare di far cadere l’esecutivo devi fare quello che mai avevi detto che avresti fatto, ovverosia chiedere ai parlamentari del tuo ex alleato di diventare “voltagabbana” per provare a castigare il governo. Salvini resta uno dei leader più popolari d’Italia, il suo partito resta il più forte del paese ma per la prima volta il leader della Lega deve essersi reso conto di un fatto importante: non detta più l’agenda, non ha più il monopolio della piazza, ha un consenso che non sa come usare e da mattatore della scena è diventato un bersaglio. Il processo più bello a Salvini non è quello che si potrebbe svolgere un domani nelle aule del tribunale. E’ quello che ogni giorno, splendidamente, si svolge in un’aula spietata chiamata realtà.

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