Barack Obama (foto LaPresse)

L'utile lezione di Obama per il Pd

Redazione

Aspettative e Ilva: sicuri sia il momento giusto per tentare la svolta a sinistra?

L’assemblea democratica di Bologna è servita a Nicola Zingaretti per scandire i temi della ricontrattazione del programma di governo: ius soli, ius culturae, abolizione dei decreti sicurezza. Si tratta di una svolta a sinistra destinata a infiammare una platea o di una iniziativa politica destinata ad avere un seguito? Il dubbio è lecito, visto che i temi evocati sono urticanti per l’alleato di governo, come Zingaretti sa. Resta divergente la lettura della fase politica partita con il secondo governo di Giuseppe Conte. Per il Pd si tratta di un nuovo inizio, nel quale si deve trovare spazio per le istanze programmatiche del partito, per il 5 stelle, o almeno per Luigi Di Maio, si tratta di continuare l’azione intrapresa con Matteo Salvini. L’obiettivo è solo di durare fino all’elezione del nuovo inquilino del Quirinale, non quello di cambiare politica. Zingaretti insiste a presentare i suoi argomenti, ma assicura che non sarà lui in nessun caso a far cadere il governo, il che naturalmente dà a Di Maio la possibilità di rifiutare le proposte del Pd. Anche indipendentemente da questa circostanza, ci si domanda se una svolta a sinistra, la scelta “radicale” che era stata chiesta tra gli applausi da Fabrizio Barca, giovi al Pd.

 

 

In America, dove emergono proposte radicali tra i candidati democratici, Barack Obama ha dovuto ammonire che uno spostamento a sinistra favorirebbe Donald Trump, ma l’appello obamiano non è risuonato a Bologna (qualche giorno fa Obama ha fatto notare che “l’universo di elettori che potrebbe sostenere un candidato democratico” non è guidato dalle stesse opinioni riflesse su “alcuni account twitter di sinistra”). In Italia, il clima politico ed emotivo dominante sembra quello della rivalsa identitaria, comprensibile alla vigilia di una sfida regionale dal significato più ampio, ma non per questo meno rischioso. Impegnarsi in battaglie perse in partenza se può produrre euforia momentanea può poi capovolgersi in un senso diffuso di delusione. Chissà che dopo le elezioni Zingaretti – al quale non sfuggirà che oggi agli elettori interessa prima di tutto risolvere l’Ilva – non si ritrovi a imprecare contro il “destino cinico e baro” come fece Giuseppe Saragat nel lontano 1953.

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