Perché la scissione di Renzi riapre la partita per le regionali toscane

David Allegranti

Sfuma la candidatura di Bonafè. I sindaci si riposizionano. Si cercano renziani per rispondere alla mossa dell’ex leader. Ipotesi

Roma. La scissione ha un epicentro politico-culturale, persino geopolitico: la Toscana. Lì è nato il renzismo, lì tuttavia le cose non procedono spedite per “Italia Viva”, il nuovo partito di Matteo Renzi, che nasce come emanazione della Leopolda, dove un tempo abbondavano gli amministratori locali. Il problema per Renzi & co è che i sindaci non lo hanno seguito (e neanche qualche amico storico come Luca Lotti, aprendo le porte a qualche malizioso retropensiero sugli infiltrati che restano nel Pd in attesa che crolli tutto il palazzo). Quello di Firenze, Dario Nardella, è rimasto nel Pd. “Io continuerò a lavorare nel Pd e a fare le mie battaglie nel Pd. Per quanto riguarda la scelta di Matteo capisco le sue ragioni, rispetto la sua decisione e confido nel fatto che collaboreremo bene”, ha detto nei giorni scorsi Nardella. “Le nostre strade si separano perché non sono portato ad aderire a progetti che si basano su una persona”, ha aggiunto il sindaco di Prato Matteo Biffoni. Non solo: sabato 28 settembre a Livorno – nei celebri Bagni Pancaldi – che da poco è tornata nelle mani del centrosinistra con la vittoria di Luca Salvetti, Nardella riunirà i sindaci del Pd.

   

Molte le cose di cui parlare, comprese le elezioni regionali del 2020 sempre più vicine. Livorno è stata scelta per il suo valore simbolico di rivincita, dopo cinque anni di grillismo. Ci saranno anche altri esponenti del Pd, come il deputato Andrea Romano, un altro toscano che è rimasto nel partito ed è molto critico verso la scissione renziana. Gli ex compagni di viaggio del senatore di Scandicci adesso cercano di sterilizzare la sua dipartita politica, riducendone gli effetti. Qualcuno, per la verità, approfittando del caos è già passato all’incasso.

  

Il Pd nazionale ha infatti proposto a Simona Bonafè, segretaria ed europarlamentare, un’altra ex renziana che non ha seguito Renzi, di candidarsi alle regionali senza primarie. Lei ha però rifiutato, anche perché nel Pd di cui è segretaria c’è chi vorrebbe partecipare a una consultazione fra gli elettori del centrosinistra. Quella di Bonafè sarebbe stata una designazione calata dall’alto e avrebbe impedito al presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani, in campagna elettorale da settimane per eventuali primarie, di correre. Anche tra i consiglieri regionali non si è mossa foglia, sono rimasti tutti nel Pd. Il capogruppo Leonardo Marras, che non ha condiviso la scelta di Renzi di andarsene, pensa che forse un paio se ne potrebbero andare ma per il momento tutto tace. Forse aspettano di capire che cosa succederà alle prossime elezioni regionali.

 

Renzi e i renziani però non ci saranno, l’ha detto lo stesso Senatore di Scandicci nell’intervista a Repubblica in cui ha annunciato l’addio: “Non voglio disturbare il Pd. La nostra Casa non si candiderà né alle regionali né alle comunali almeno per un anno. Chi vorrà impegnarsi lo farà con liste civiche o da indipendente. La prima elezione cui ci presenteremo saranno le politiche, sperando che siano nel 2023”. I renziani sono convinti che nel corso dei prossimi mesi altri si avvicineranno a “Italia Viva”. Qualcuno pensa che pure Lotti (che oggi sul Foglio spiega però le sue critiche al progetto renziano) alla fine tornerà a casa. Tuttavia nei giorni scorso si è lasciato andare a parole sibilline. “Resto nel Pd, lo confermo e lo ribadisco… Il perché lo scoprirete più tardi”. Il dubbio circola da tempo: non è che si vuole presentare alle elezioni regionali pure lui? Qualche mese fa, parlando con il Corriere Fiorentino, non ha smentito l’ipotesi. Insomma che fa Lotti, torna in Toscana? “Torno a casa in Toscana tutti i venerdì, quando ho finito il lavoro parlamentare”, è stata la risposta. Senza smentite.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.