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“Non comanda Zaia”. Parla Fantinati (M5s)

Valerio Valentini

“La centralità del Parlamento è sacrosanta, noi l’autonomia vogliamo farla bene”

Roma. Mette subito le mani avanti. “Da veneto, figurarsi se potrei non volerla l’autonomia”, dice Mattia Fantinati, sottosegretario alla Pa. “La voglio da veneto, da italiano, e da esponente del M5s. Ho sostenuto la campagna referendaria in favore del Sì, due anni fa, nel mentre che i miei colleghi del M5s in Lombardia collaboravano con Roberto Maroni per promuovere l’autonomia anche lì”.

E allora perché ora siete voi a fare ostruzionismo?

“E chi lo dice, questo?”.

  

Luca Zaia, ad esempio.

“A Zaia ricordo che si è ridotto a fare il referendum a pochi mesi dalle elezioni politiche, ma di autonomia sento parlare in Veneto da quando sono piccolo. Non è solo la sua battaglia. Per cui non abbia timore: noi l’autonomia vogliamo realizzarla, ma vogliamo fare le cose per bene. La fretta l’abbiamo già vista ai tempi della riforma del Titolo V, e abbiamo visto anche i danni che ha prodotto”.

   

E Matteo Salvini? Non la sorprende questa arrendevolezza con cui, ogni volta, rimanda i suoi ultimatum sull’autonomia?

“Su quanta voglia abbia davvero Salvini di questa autonomia, su quanto la sua fretta sia dettata dagli interessi del paese o dagli equilibri interni del suo partito, non ho voglia di stare a elucubrare. Dico solo che l’autonomia è nel contratto, dunque si farà. Ma senza strappi, e rispettando la centralità del Parlamento”.

  

Dunque il testo dell’intesa dovrà passare al vaglio delle Camere?

“Certo. Ogni deputato e ogni senatore dovrà avere la possibilità di fare emendamenti, in ciascuna delle commissioni competenti”.

   

Fossi in Zaia, direi “campa cavallo”.

“Io invece dico che siamo una democrazia parlamentare. Comanda il Parlamento, non Zaia”. 

  

E Giuseppe Conte? Non avrebbe forse dovuto esercitare un ruolo più attivo, in questa partita?

“Il nostro premier ha già più volte dimostrato di essere un eccellente mediatore, e non a caso piace così tanto agli italiani”.

  

Mediatore o stopper? Non è che, come malignano i leghisti, è proprio a lui che il M5s ha demandato il ruolo di tirarla per le lunghe?

“Figurarsi. Conte sta seguendo il dossier con la consueta attenzione ai dettagli. Questo processo va portato avanti non solo con l’accordo tra le regioni e il ministro Erika Stefani. Palazzo Chigi deve essere centrale”.

  

Cautela, dunque.

“Che non significa attendismo. Significa responsabilità. Penso alla scuola: qualcuno vorrebbe, sul tema dell’istruzione, che attraverso l’autonomia si sancisse il diritto a regionalizzare i programmi scolastici. Ecco, non vorrei che qualcuno vagheggiasse il ritorno del dialetto tra le materie scolastiche, visto che a me sembra più urgente insegnare le lingue straniere, nel 2019. E forse se ne stanno accorgendo anche i leghisti, ora che devono trattare a Bruxelles per ottenere un posto da commissario europeo”.

  

Litigate su tutto, vi fate imboscate a vicenda. Questa maggioranza regge?

“Sì, nel complesso è solida. Anche alle europee, nel complesso il governo è stato confermato dal 51 per cento dei consensi. Certo, noi del M5s ci aspettavamo di più”.

  

E a tal proposito: è sicuro che lo scontro tra Di Maio e Di Battista sia il modo giusto per ripartire?

“Come dice Julio Velasco, formidabile allenatore di volley, chi vince festeggia e chi perde spiega. Ci sta che qualcuno, nel M5s, voglia affermare maggiormente la sua visione, dopo il 26 maggio. Ma io credo che dobbiamo soprattutto lavorare, restando fedeli alle nostre battaglie storiche”.

 

Come il No alla Tav?

“Sulla Tav ne ho sentite di ogni tipo. Noi del M5s non siamo mai stati ideologicamente contrari all’alta velocità e alle grandi opere”.

  

Beh, insomma. Questa è grossa.

“No. Siamo stati contrari a quell’opera in particolare. Ora l’Ue ha deciso di finanziarla al 55 per cento, quindi vuol dire che a qualcosa la nostra fermezza è servita. Ma il progetto va ancora rivisto, a nostro avviso”.

  

Duro, fare il grillino del nord?

“Lo è sempre stato. Qui le regioni sono più sviluppate, il malaffare più sotterraneo. Ma da ex imprenditore, posso dire che anche qui c’è troppa burocrazia e poca meritocrazia. Se sapremo impegnarci sul sostegno alle imprese, e al contempo affermare la necessità di uno sviluppo ecologicamente sostenibile, sono sicuro che anche qui al nord potremo crescere”. 

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