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L'autonomia resta lontana e le Regioni europee corrono

Daniele Bonecchi

Pantano politico. Ma uno studio comparato della Cna spiega come va in Germania e Spagna

Il messaggio inviato dall’esecutivo ai governatori del nord – in particolare dal premier Conte: “No al divario nord sud”, “bisogna far intervenire il Parlamento” – sul futuro dell’autonomia differenziata, è chiaro. Erik Stefani, ministro leghista per gli Affari regionali, ribatte: “Altri rinvii, altri ostacoli per noi non sono più accettabili”. Ma è evidente che la Lega di Salvini, al di là dei proclami, rischia davvero di avvitarsi.

 

Il Consiglio dei ministri di lunedì prossimo non sarà, nemmeno questo, quello della svolta: il percorso parlamentare dell’autonomia è seminato d’insidie (come spiegava ieri il pur autonomista Bobo Maroni al Foglio) e soprattutto minato dalla politica. Intanto una parte della Lega (a partire da Zaia) che mal sopporta la convivenza coi Cinque stelle, insiste per passare alle vie di fatto. E per Attilio Fontana, già sotto pressione per l’accusa di abuso d’ufficio che lo coinvolge, potrebbe essere un pessimo risveglio. Fontana infatti aveva giocato buona parte delle sue carte sull’autonomia differenziata. Dopo l’avvio in salita della riforma sanitaria (le code e i ticket restano una spina nel fianco) e la dote lavoro (formazione) scippata dal reddito di cittadinanza, al governatore lombardo, a un anno dall’insediamento, l’autonomia sembrava il jolly da giocare per uscire dall’angolo. Anche perché – a fronte di una Confindustria che, anche in Lombardia, preferisce parlare di infrastrutture, taglio delle tasse e investimenti per la crescita piuttosto che di autonomia – il mondo delle Pmi conta sull’autonomia per intercettare gli investimenti destinati all’innovazione e alle grandi opere. Insomma un problema politico serio, e di credibilità per la Lega sia a livello nazionale che regionale.

 

Però poi rimane, il tema. Soprattutto sentito dalla piccola imprenditoria, che della Lega si è sempre fidata. Anche per questo l’Osservatorio della Cna (artigiani) ha messo l’autonomia differenziata sotto la lente d’ingrandimento delle tre regioni interessate: Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna nel confronto con le regioni “gemelle europee”. L’Osservatorio ha effettuato una comparazione dei bilanci delle nostre tre Regioni con quelli dei tre Länder tedeschi e con i budget delle Comunità autonome spagnole di Catalogna, Paesi Baschi e Comunità Valenciana. In Germania e in Spagna, infatti, vige un sistema istituzionale consolidato che attribuisce significative competenze e risorse alle Regioni, non dissimile da quello che in Italia regola le Regioni a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige/Südtirol). Dalla ricerca emerge una competizione sempre più serrata. Il budget del Baden-Württemberg, il ‘minore’ dei Länder preso in considerazione, è pari al doppio del bilancio della Lombardia (la ‘maggiore’ delle tre italiane). Sia in termini percentuali sia di valori assoluti. Mentre la Lombardia ha il 5 per cento del budget finalizzato agli investimenti (1,18 miliardi di euro), la Baviera può mettere in campo per investimenti e sviluppo il 10,6 per cento (più di 6 miliardi) del bilancio. In sintesi, la Lombardia può spendere per gli investimenti 119 euro per abitante, i Paesi Baschi 529, la Baviera 466. L’autonomia non è un fine ma, per i promotori, vorrebbe essere uno strumento per disporre di maggiori risorse per lo sviluppo, nel quadro di una salda unità nazionale. Solo così è possibile restare agganciati alle dinamiche della competizione globale.

 

La Lombardia è al quarto posto in Europa per valore delle esportazioni (circa 121 miliardi di euro nel 2017), dietro solo ai grandi Länder tedeschi del Baden-Württemberg, della Baviera e del NordReno-Vestfalia; l’Emilia-Romagna occupa la sesta posizione in Europa per export per abitante (circa 13.500 euro), la prima tra le regioni “non tedesche”; il Veneto figura invece all’ottavo posto tra le principali regioni Ue per quota delle esportazioni sul Pil (oltre il 38 per cento). Eppure la dimensione dei bilanci regionali italiani in rapporto al Pil si colloca su livelli significativamente inferiori rispetto alla spesa media in Europa; nel 2017 il rapporto spesa/Pil del Veneto è - 31 per cento rispetto alla media nazionale, in Emilia Romagna - 35 e in Lombardia - 39 . Non è così nelle altre realtà territoriali di Germania e Spagna.

 

L’economista Carlo Cottarelli, che ha seguito con attenzione il percorso dell’autonomia differenziata, precisa al Foglio: “L’idea generale è che un maggior decentramento della spesa e della tassazione va bene, nel senso che rende più vicini la spesa ai cittadini quindi rende più vicine le risorse per finanziare quella spesa, cioè le tasse, appunto alla spesa stessa. Questo deve avvenire tenendo conto che siamo uno stato nazionale, quindi rimangono dei vincoli per cose che devono essere fatte al centro, come l’esercito, il sistema giustizia, il sistema educativo, dei minimi standard sulla sanità”, ma occorre sempre ricordare che “non siamo uno stato federale”. Appunto. E dopo lo stop del governo alle grandi opere, Tav in testa, l’approdo dell’autonomia differenziata nel porto delle nebbie del Parlamento rischia di scavare un fossato tra mondo dell’impresa e Matteo Salvini.

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