Toti ci spiega cosa vuole dire portare “più democrazia” dentro Forza Italia
Il nuovo coordinatore di FI: “Nel partito ci sarà competizione. Il governo? Fa male al paese: Salvini dovrà staccare la spina”
Roma. Presidente Toti, è contento adesso che è diventato il coordinatore di Forza Italia del nord? “Nel nostro paese non esiste l’autonomia differenziata, si figuri se la creiamo noi dentro un partito. Le divisioni su base geografica lasciano il tempo che trovano”. Il presidente della regione Liguria, già direttore di Studio aperto e Tg4 prima del passaggio alla politica nel ruolo di supremo consigliere del Cav, è contento assai. Smorza i toni, dissimula, centellina le parole, ma l’antifona è chiara: nulla sarà più come prima.
“Finalmente FI entra ufficialmente nella stagione della democrazia. Non ci saranno più dirigenti nominati ma solo eletti dal basso. Io e Mara Carfagna coordineremo il partito per il tempo strettamente necessario alla celebrazione di un momento democratico, come avviene in ogni partito moderno”. Un tripudio democratico, le sue parole. “Come diceva Churchill, la democrazia è la peggiore forma di governo, escluse le altre”. I congressi, in effetti, si vincono anche con le truppe cammellate mascherate di democraticità. In Campania, dove il partito è ben radicato, gli eterni capibastone potrebbero fregarla eh. “Io preferisco le primarie: mi sembrano la forma di competizione più azzeccata. Del resto, la nostra sfida deve essere quella di attrarre non soltanto gli elettori delusi di FI ma anche quelli che non si recano più alle urne o non hanno mai votato per noi. Meglio le primarie che un congresso”.
Tra lei e Carfagna, a parte la diversa collocazione geografica, esiste una differenza di linea politica. La vicepresidente della Camera guarda al centro, lei a Matteo Salvini. “E’ per questo che serve un confronto democratico tra mozioni politiche divergenti. In un grande partito funziona così, prenda i Conservatori inglesi: Cameron era per il Remain, Johnson per la Brexit”. Speriamo che tra voi finisca meglio che con il referendum inglese. “Siamo al prologo di una storia, non alla fine”. Intanto lei ha confermato l’assemblea del 6 luglio al Brancaccio. “Sarà il giorno della mia candidatura ufficiale”. Non si è capito a cosa. “A qualunque forma di competizione sceglieremo. Chiunque voglia portare le sue idee per rinnovare il partito è benvenuto. Al momento stiamo discutendo soltanto di formule organizzative, è venuto invece il tempo di affrontare temi concreti come le buste paga degli italiani, le grandi opere, la competitività, l’Europa da cambiare”.
Lei ha detto che servono nuove “parole d’ordine” per la Casa dei moderati: “Cambiamo insieme” sarà la sua bandiera? “E’ stato lo slogan della nostra campagna elettorale in Liguria, e ci ha portato fortuna”. Si dice che il Cav. non ne potesse più delle vostre liti… “Non parlerei di liti ma di suggerimenti, di domande di cambiamento... Berlusconi, alla fine, ha colto il senso di quelle istanze, da persona intelligente qual è”. Proprio il Cav. l’aveva designato suo consigliere politico, e lei adesso vuole mettersi in proprio. “Io non voglio mettermi in proprio. Sono cresciuto grazie al lavoro che ho svolto, da giornalista e da direttore di tg. Quando mi sono candidato alle europee, ho raccolto 150 mila preferenze, ho vinto in una regione che non era esattamente un ‘feudo bianco’, anzi era considerata la fortezza più inespugnabile d’Italia. Insomma, mi sono guadagnato i galloni sul campo, e ho difficoltà ad accettare lezioni da chi si è sempre confrontato con liste bloccate e posti garantiti…”.
A lei Salvini piace, forse troppo. “Ha talento politico, ha saputo interpretare i sentimenti del paese che però non è rappresentato soltanto dal disagio delle periferie, dal bisogno di sicurezza e dalla paura per l’immigrato. Esistono anche le imprese, le infrastrutture, il ceto medio. Il centrodestra funziona perché riesce a coprire questi spazi in modo equilibrato”. Secondo lei, il vicepremier leghista sarà il Cav. dei prossimi vent’anni? “Ha raggiunto il risultato più importante nella storia del suo partito, questo è un fatto. Io gli auguro lunghissima vita ma la politica è diventata assai volubile, basta pensare al Renzi di due anni fa. Meglio astenersi dalle previsioni”. Sul governo che dice? “Fa male al paese, perciò Salvini dovrà, presto o tardi, staccare la spina. Quando arriverà quel momento, si andrà al voto anticipato perché non esiste una maggioranza alternativa in Parlamento”. E’ vero che con Giorgia Meloni coltivate progetti di fusione per il centrodestra che verrà? “I capitoli di un libro si sfogliano pagina per pagina, adesso resto concentrato sulle prossime settimane che ci porteranno al primo vero bagno di democrazia. Ogni altro piano mi sembra affrettato”. Ma lei, presidente, si sente più un commissario o un leader politico? “Io mi sento un traghettatore, gliel’ho detto. Sono uno che accompagna”. Non si sa verso dove.
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