Mariastella Gelmini (foto LaPresse)

Terza incomoda. Gelmini alle primarie per una FI nordista-centrista

Daniele Bonecchi

In Lombardia la sua discesa in campo ha destato interesse. In particolare negli ambienti dell’impresa e delle professioni

“Grande è la confusione sotto il cielo. La situazione è eccellente”. Come dare torto a Mao, osservando la maggioranza silenziosa degli elettori lombardi alla ricerca di un partito riformatore e moderato? Tra le fughe in avanti di Carlo Calenda e le ritirate strategiche di Matteo Renzi, ora forse dovranno accontentarsi della discesa in campo di Mariastella Gelmini. Che, contrariamente al suo stile, ha usato un lessico schietto e diretto, per informare della sua discesa in campo alle primarie di Forza Italia.

 

 

Su Facebook: “Forza Italia o cambia o muore. Credo che il nostro partito debba avere l’ambizione di essere inclusivo e di ritornare a essere un partito decisivo negli equilibri governativi. Non saremo la stampella della Lega, né strizzeremo l’occhio ai partitini di sinistra come hanno fatto i moderati in passato”. Poi gli auspici: “Forza Italia ritornerà a essere il partito degli italiani, di chi lavora e produce, di chi rischia ogni giorno facendo impresa. Questo non è il tempo di stare a guardare. La sfida è grande, ma io ci sarò”.

 

Per un gruppo dirigente abituato a non dispiacere mai al Cav., le parole della Gelmini hanno creato scompiglio (del resto lei aveva qualche sassolino da cavarsi), soprattutto tra i supporter dei due competitor nominati direttamente da Berlusconi: Giovanni Toti e Mara Carfagna. Ma Toti ha abbozzato: “Più candidati ci sono alla contendibilità del centrodestra, più sono assolutamente felice, spero che ce ne siano da fuori Forza Italia, che si aggiungano a noi da tutte le sensibilità di un mondo che si è disperso in questi anni”.

 

In Lombardia la scelta della Gelmini ha destato interesse. In particolare negli ambienti dell’impresa e delle professioni, anche se in modo sommesso. Sono in molti a ricordare la spinta alle infrastrutture, Tav in testa, sollecitata da Forza Italia guidata dalla capogruppo alla Camera. E tenuto conto che in Lombardia Mara Carfagna non ha grandi radici, la scelta nella regione che spinge il pil del paese, del mondo imprenditoriale deluso dal governo del cambiamento, è tra un Matteo Salvini e chi ha sempre interpretato le loro esigenze. Mentre Toti, bravo amministratore, rischia di essere una fotocopia del Capitano: meglio l’originale. Gelmini proverà le sue carte. In Lombardia (ma non solo) si può saldare sul suo nome il fronte dei centristi, del quale fa parte la componente di Maurizio Lupi che, dopo la diaspora ciellina, non può salire sul carroccio di Salvini. Sono scesi in campo con Gelmini molti deputati e dirigenti lombardi, a partire da Graziano Musella, Valentina Aprea, Alessandro Mattinzoli, Fabrizio De Pasquale eccetera. Un po’ frastornati i colonnelli bergamaschi di Toti, già (a suo tempo) pronti alla fusione con Giorgia Meloni, e ora pronti a dare battaglia alle primarie. Mentre i notabili aspettano a schierarsi, succedono cose curiose, come un Paolo Romani, fino a ieri maestro del dialogo col Pd di Renzi e oggi, dicono, molto vicino a Toti. Magie congressuali. Ora occorrerà scrivere le regole e organizzare le primarie. Mercoledì la riunione dei quattro saggi (Tajani era in quel di Bruxelles) non ha fatto passi avanti. E la partita non è facile per un partito abituato ad attendere sempre luce verde dal gran sovrano.