Nicola Zingaretti durante la direzione del Pd (foto Twitter @pdnetwork)

Il Pd di Zingaretti riparte dal simbolo e dal “campo largo” del centrosinistra

David Allegranti

Prima riunione della Direzione guidata dal nuovo segretario: “Alle Europee nel logo comparirà la scritta Siamo europei”. Intanto si ragiona su come strutturare la “rete di alleanze”, anche per le amministrative

Roma. Il Pd riparte dal “campo largo” del centrosinistra. Qualsiasi cosa voglia dire. Nicola Zingaretti prova a tenere insieme le varie anime antisovraniste, da Carlo Calenda – che ieri ha duellato con uno Steve Bannon molto deludente nella sede di Comin & Partners – ai fuoriusciti del Pd, fino alla sinistra movimentista che è già entrata in Direzione. Il risultato è evidente fin dal nuovo simbolo del Pd in vista delle elezioni europee appena annunciato in direzione. “Credo sia giusto che anche nel simbolo la dicitura ‘Siamo europei’ sia caratterizzante, anche perché noi dobbiamo essere di rinnovamento dell’Europa, contro il rischio dei sovranisti”.

 

E contro il rischio dei sovranisti Zingaretti apre a una “rete di alleanze” anche per le amministrative di primavera. Ma con chi e come strutturarle? “Alleanza non significa convergenze che mettono indietro le lancette della scissione”, dice il neosegretario del Pd quasi a voler tenere buoni i renziani che temono un ritorno di fiamma con Bersani & Co, già molto agitati per il rientro nel Pd della deputata Elisa Simoni. “Non è mio obiettivo e credo non lo sia nemmeno per Articolo 1 che va a un congresso per divenire un soggetto politico”. Estote parati, dice Zingaretti ai suoi dirigenti, state pronti. “C’è un ritorno di forze che vogliono tornare a dialogare e noi dobbiamo farci trovare aperti e pronti. Per dire, c’è Italia Comune di Pizzarotti e Pascucci, che hanno fatto molti accordi in Italia come in Piemonte; ci sono le liste civiche legate a sindaci comunque argine allo sfondamento della destra; c'è +Europa, c’è Democrazia solidale, una nuova realtà che dobbiamo aiutare a consolidarsi e crescere perché sono una attrattiva a pezzi di elettorato in uscita dal centrodestra che non guardano a noi in primo luogo; c’è Campo Progressista. E’ il brodo in cui può lievitare una inaspettata risposta positiva di tante persone”. 

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.