Il neosegretario del pd, Nicola Zingaretti (foto LaPresse)

Vince Zingaretti: la morte del Pd era fortemente esagerata

Claudio Cerasa

Affluenza alta alle primarie, superata quota 1,7 milioni di votanti. Il governatore del Lazio neosegretario con oltre il 65 per cento. Perché adesso la sfida è dire, subito: elezioni

La morte del Pd era ampiamente esagerata. Il Partito democratico da oggi ha un nuovo segretario ed è il governatore del Lazio Nicola Zingaretti che si è affermato in modo netto contro Maurizio Martina e Roberto Giachetti ottenendo oltre il 65 per cento dei consensi. Sono andate a votare più persone di quelle previste da molti osservatori e da molti dirigenti dello stesso Pd e l’affluenza a quanto si apprende dai primi dati dovrebbe essere superiore a 1,7 milioni votanti (nel 2017 furono 1.838.938).

 

 

Zingaretti ha promesso una segreteria unitaria, Paolo Gentiloni dovrebbe diventare il presidente del partito, Maurizio Martina sarà il suo vice, la ditta renziana esce fortemente ridimensionata dai risultati di oggi (Martina sostenuto dai renziani tendenza Lotti) si è fermato intorno a quota 22 per cento e Giachetti (sostenuto dai renziani tendenza Boschi) si è fermato intorno al 13 per cento e il Pd oggi si ritrova di fronte a una sfida cruciale: le primarie certificano che la base ha scelto di dare ancora fiducia al partito democratico a prescindere dalla presenza di tre leader senza leadership.

 

Ma la partita più complicata per Zingaretti sarà ora quella di dimostrare che il nuovo Pd è in grado di allargare il suo bacino, di essere espansivo e di riempire quel vuoto gigantesco dell’alternativa al cialtro-sovranismo che al momento, nonostante il successo dei gazebo, ancora non c’e. Il Pd esiste, resiste e la notizia della sua morte annunciata da molti becchini della politologia era fortemente esagerata, l’opposizione ha dato prova di vitalità. Ma essere un’alternativa è un’altra cosa e la prima domanda a cui dovrà rispondere il nuovo segretario del Pd non è conquistare i voti grillini, ma è chiedersi perché mai in Italia per buona parte degli elettori l’alternativa al governo populista, oggi, sia rappresentata da uno dei due azionisti di maggioranza del governo. Ci sono molti modi per costruire un’alternativa (qualche spunto ve lo diamo sul Foglio in edicola lunedì 4 marzo) ma il primo passaggio necessario per dimostrare di esistere e non solo di resistere è non aver paura, da domani, di pronunciare una parola che finora in troppi hanno sussurrato a voce bassa: il governo del cambiamento ha fallito e l’unico cambiamento possibile oggi non è un altro governo ma è un’altra elezione. In bocca al lupo. E viva le primarie.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.