Una manifestazione a Parigi dei gilet gialli. Foto LaPresse

In Italia è già partita la gara a chi ha il gilet più giallo degli altri

Maria Carla Sicilia

Ci sono gli anticasta e i filogovernativi, divisi sui social e nelle piazze. La prima manifestazione sabato a Roma sarà contro il governo, avvisare Di Maio e Dibba. Parla l'organizzatore 

“Il vento del cambiamento ha valicato le Alpi. Ripeto. Il vento del cambiamento ha valicato le Alpi”, ha annunciato ieri Luigi Di Maio dopo avere incontrato “uno dei leader dei gilet gialli nella periferia di Parigi”. Il vicepremier e il suo compagno Alessandro Di Battista devono avere ignorato che qualche giacchetta colorata è già arrivata oltralpe e che sabato ci sarà una manifestazione a Roma contro il governo organizzata proprio dai gilet gialli italiani. Attenzione però a non confonderli: appena nati, sono già spaccati. Non è che siano mai stati uniti, è che l'esperienza francese ha affascinato contemporaneamente più gruppi di persone in Italia, e così di movimenti ne sono nati diversi. Essere disorientati è facile: su Facebook c'è un gruppo, che conta più di settemila iscritti, e almeno tre pagine simili ma non uguali. “Il problema non è come ci chiamiamo ma cosa facciamo – dice al Foglio Antonio Del Piano, che insieme ad altre otto persone gestisce la pagina “Gilet gialli” – E noi sappiamo bene cosa non vogliamo fare”. La sintesi del loro programma discusso tra chat e riunioni informali è raccolta in dieci punti non negoziabili: Italexit; sovranità monetaria con l'emissione di banconote di stato; sovranità diretta con l'introduzione di nuove forme di referendum popolari; taglio delle accise di carburanti, gas e luce; abolizione del global compact; abolizione della fattura elettronica; il diritto al lavoro con l'abolizione delle agenzie interinaliprima casa impignorabile; abolizione dell'obbligo vaccinale e la nazionalizzazione di banche, assicurazioni, autostrade e Alitalia. “Noi siamo contro questo governo, perché non rappresenta nessuna delle cose che chiediamo e nasce sulla forzatura di voler tenere insieme Lega e M5s, un'unione da cui non uscirà fuori niente di buono”.

  

    

Del Piano ha alle spalle una candidatura andata in fumo come sindaco di Napoli nel 2016, la sua lista civica “Ricomincio da 10” proponeva di comprare lo stadio San Paolo con un azionariato popolare e intitolarlo a Maradona, ma fu esclusa dalla commissione elettorale per problemi con la documentazione. Si interessa alla politica da 12 anni ma non ha partecipato né al Movimento 9 dicembre né a quello dei Forconi. “Nei gilet gialli italiani – dice – c'è qualcuno che cerca di ricordarli e li cavalca, ma non funziona, noi li teniamo alla larga. I gilet gialli sono qualcosa di nuovo, chi li cerca non vuole vecchie esperienze riciclate”. Di rapporti con i partiti istituzionali in questo momento non ne vuole sentire parlare: “Ora è il momento di farci conoscere. Ci servono persone disposte a combattere contro il mondialismo, per la sovranità monetaria e la nazionalizzazione delle imprese. Si parte dai dieci punti del programma e poi ci si struttura in commissioni popolari: in ogni territorio servono militanti senza cariche politiche che sviluppino proposte e idee da inviare agli enti locali e poi al parlamento”. Qualcosa che ricorda vagamente i meetup del M5s. “Con i 5 stelle noi non c'entriamo niente, quando parlavamo di signoraggio loro neanche esistevano. Ho votato M5s solo nel 2013 ma ho capito da subito che non sarebbero stati all'altezza. In un certo senso con i gilet gialli superiamo i grillini, perché vogliamo realizzare la sovranità diretta. La democrazia non ha più senso, non è stata mai applicata. Noi vogliamo istituire quattro referendum per permettere ai cittadini di controllare la politica: quello propositivo e quello abrogativo come oggi, ma senza che le proposte passino in parlamento, quello costituzionale per modificare direttamente la costituzione e quello revocativo, per revocare le cariche dei politici che violano il volere dei cittadini”. A giustizialista, giustizialista e mezzo.  

     

Se gli si chiede quanti sono nel gruppo, Antonio resta vago ma assicura che i contatti sono in tutta Italia. “Non rappresentiamo una categoria, facciamo lavori diversi [da un Cv in rete aggiornato al 2013, Del Piano risulta iscritto all'Ordine dei giornalisti e con esperienze di ufficio stampa, ndr] e ci interessa il confronto solo a partire dall'esperienza francese”Su Facebook i like sono circa 2.300, ma meglio non fare previsioni per sabato. “Ci sarebbe piaciuto invitare i cugini francesi che sentiamo regolarmente ma non ci sono le condizioni per farlo, neppure dal punto di vista della sicurezza”. Non sarebbe meglio cercare adesioni negli altri gruppi di gilet gialli italiani, gli chiediamo. Il Coordinamento nazionale, per esempio, fondato dall’ex deputato grillino Ivan Della Valle e da Giancarlo Nardozzi, presidente del sindacato indipendente degli ambulanti (Goia), ha avuto un po' di visibilità e conta quasi 12.900 like su Facebook. “Questa roba qui con noi non c'entra niente. Hanno provato a contattarci ma non ci interessa. Hanno fatto questo gruppo chiamandolo Coordinamento nazionale, ma già il fatto che si pongono come coordinatori vuol dire che non hanno capito nulla dei gilet gialli francesi. Il limite più grande è che sono filogovernativi, sulla loro pagina ci sono post vicini alle posizioni della Lega e Della Valle è un ex parlamentare dei 5 stelle”. Ma così ci confondiamo, noi che vi vediamo tutti con i gilet gialli. Non servirebbe forse un simbolo per distinguervi dagli altri? “E perché dobbiamo distinguerci noi? Il nostro simbolo è il gilet giallo, lo portiamo per stima e per rispetto ai cugini francesi. Chiunque può indossarlo, non abbiamo il diritto di esclusiva. Ma se gli altri stanno con i partiti non possono combattere con noi”. Avvisare Di Maio e Dibba.

Di più su questi argomenti: