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Salvini si tiene stretto Di Maio per paura del “ribaltone del Presidente”

Valerio Valentini

L’alleanza gialloverde si rinsalda dopo la crisi nel Pd. E Caiata riunisce i transfughi a cena e prepara la vendetta al M5s

Roma. Siccome prima di tutto viene la propaganda, ecco che la suggestione goliardica di una sera si è subito trasformata in un progetto serio. E così, se le contingenze d’inizio 2019 non arriveranno a sconsigliarlo all’ultimo minuto, a gennaio Matteo Salvini volerà a Copenaghen mettendo nel bagaglio i suoi sci, per poi lanciarsi in una gagliarda discesa a spazzaneve sulla pista che funge da copertura di CopeHill, l’avveniristico termovalorizzatore danese additato già agli amici riottosi del M5s come modello di gestione efficiente del ciclo dei rifiuti. “Trovata più coreografica, che politica”, sorridono i fedelissimi del ministro dell’Interno, quasi a sconsigliare preventivamente letture troppo ardite. Sarà una “innocente provocazione”, dicono, per mandare un po’ in fibrillazione l’ala ortodossa del M5s: nulla di più. E d’altronde, a dispetto degli umori dei suoi, Salvini sa che l’alleanza col M5s, per ora e per un bel pezzo ancora, va preservata. Anche per questo, un paio di sere fa, un gruppo di deputati lombardi si è sentito impartire l’ordine del capo per tramite del suo luogotenente, Riccardo Molinari. “Si va avanti coi 5 stelle, evitiamo polemiche”. Stesso concetto che ribadirà anche Salvini, oggi, dal palco di Piazza del Popolo, durante la prima storica adunata romana del Carroccio. “Scelta obbligata, d’altronde”, spiegano i leghisti più illustri. “Matteo ha, su tutte, una preoccupazione: evitare, cioè, che Mattarella possa svegliarsi una mattina e scoprire che in Parlamento una maggioranza che tenga fuori noi è possibile”. Ecco perché, allora, i grillini bisogna tenerseli stretti: logorarli, magari, questo sì, relegando Di Maio al ruolo che fu di Alfano, e se possibile fiaccarli, ma stando attenti a non farli saltare per aria. 

  

E così, come d’incanto, le trame sotterranee che s’andavano tessendo al Senato – con la complicità di Calderoli e Schifani – per scardinare il tribolato disegno di legge grillino sull’anticorruzione sono state bloccate. In cambio, Salvini ha ottenuto l’accelerazione sull’autonomia: misura con cui punta a tacitare i malumori dei ceti produttivi veneti e lombardi, che sul tema ancora attendono una risposta dalla ministra Erika Stefani. E tuttavia, attorno a questa saldezza sgangherata, d’improvviso le convulsioni del Pd hanno cominciato a produrre un’entropia di Palazzo che forse alla fine si rivelerà inconcludente, ma che pure si alimenta di incontri riservati e e indiscrezioni che però hanno acquisito consistenza ieri mattina, quando Matteo Dall’Osso ha annunciato il suo addio al M5s e il suo passaggio in Forza Italia. “Ringraziate la Polverini: è lei che lo ha convinto”, ha scritto nella chat dei deputati azzurri Francesco Cannizzaro, mentre su un’altra chat, quella del M5s, i portavoce si confermavano a vicenda il loro sconcerto. E stupito era pure Salvatore Caiata, l’ex grillino scaricato da Di Maio, e che a Di Maio ha giurato vendetta. “Ha cominciato a muoversi”, il patron del Potenza, racconta chi lo ha visto seduto al ristorante Maxelà, a due passi da Montecitorio, mercoledì sera: cena a base di carne insieme a deputati di LeU, del Pd e di Svp, oltre ai colleghi del Misto. Ai grillini che lo chiamano “grande pres”, nel senso di presidente, Caiata offre caffè alla buvette. A Davide Tripiedi, brianzolo con la passione del calcio, ex portiere su cui anche la Polverini – sempre lei – ha messo gli occhi, giovedì ha promesso un paio di guantoni col logo del Potenza. “Vuole aggregarne una ventina – dice chi lo conosce bene – sotto il suo nuovo simbolo, Sogno Italia”. Prospettive di ribaltoni solo futuribili. E però agli occhi di Salvini, l’eventuale scissione dei renziani – che avrà come effetto la chiusura definitiva di ogni possibile dialogo tra il Pd e il M5s – appare il preludio di un rimpasto ancora più pericoloso: un’aggregazione tra i seguaci dell’ex premier, le truppe sparse del Misto e quelle di berlusconiniani rinforzate da un possibile esodo di grillini delusi. Una stramba, ma possibile, maggioranza alternativa che potrebbe fare nascere la tentazione di un governo del presidente. Uno scenario che Salvini contempla, e un po’ paventa. E di fronte al quale, immaginandosi vicino a Di Maio, si sente un po’ meno accerchiato.