La torre di controllo dell'aeroporto di Firenze (Foto Wikipedia)

Confindustria contro i No alle “piccole Tav” che rallentano la Toscana

David Allegranti

“Bloccare le infrastrutture significa bloccare lo sviluppo economico dell’Italia”, dice Stefano Varia (Ance)

Roma. Non di sola Tav vive lo sviluppo infrastrutturale dell’Italia. In Toscana, Confindustria e Ance duellano con il governo sullo sviluppo dell’aeroporto di Firenze, su cui pende – come in altri casi, Tav compresa – il vaglio della commissione del ministero dei Trasporti che deve redigere “analisi costi-benefici”. Lo sviluppo di Peretola divide anche la stessa Lega, visto che c’è una parte a favore dell’ampliamento e un’altra decisamente contraria. E le imprese? Assistono ai traccheggiamenti e all’avanzata del partito del No. No Tav e No Aeroporto.

 

“Qui da noi non abbiamo un’infrastruttura simbolo come quella, ma in un certo senso la nostra Tav è l’aeroporto di Firenze”, dice Giulio Grossi, presidente di Confindustria Toscana Nord, che raccoglie gli imprenditori di Lucca, Pistoia e Prato. “Non a caso proprio un anno fa furono gli industriali fiorentini a scendere in piazza, con la partecipazione anche di alcuni di noi di Confindustria Toscana Nord e di altri colleghi toscani”, dice Grossi dopo la manifestazione di Torino a favore della Tav, alla quale hanno partecipato anche suoi colleghi della Confindustria di Torino.

 

Stefano Varia, presidente di Ance Toscana Nord e delegato per le infrastrutture di Confindustria Toscana Nord, dice che l’approccio del governo può solo danneggiare l’economia. Perché in giro per l’Italia, e in questo caso per la Toscana, ci sono tante piccole Tav da realizzare. “C’è tutto il tema del raddoppio della ferrovia fra Firenze e Viareggio… Attualmente abbiamo un binario solo, neppure nel Burundi! L’intervento di raddoppio rientra tra le opere che Rfi si era impegnata a fare insieme ai governi precedenti. Già siamo in ritardo, ma qualcuno pensa di bloccare un’opera che andava fatta 20 anni fa. E questo non è possibile.

 

Non è che nel frattempo le condizioni di transito o di accessibilità ai centri abitati sono cambiate”. Oppure, dice Varia, pensiamo alla circonvallazione di Lucca, anche quella attesa da anni. “Meno male che qualcuno nel 1300-1400 è stato più lungimirante di noi e per proteggere le mura di Lucca costruì una strada larga 15 metri, dove un tempo ci passavano i carrocci, oggi ci passano i tir”. Varia conosce nel dettaglio le singole piccole e grandi opere di cui ci sarebbe bisogno, dall’aeroporto di Firenze alla variante di Prato, e aggiunge: “In tutti i paesi del mondo quando c’è la crisi dell’edilizia che cosa si fa? Si investe in infrastrutture, con le opere pubbliche. Se non accade significa che c’è qualcosa che non funziona in termini di sviluppo economico.

 

Lo hanno fatto Stati Uniti, Francia, Germania, Spagna. Da noi non si può dire, come fa qualcuno, che abbiamo troppe infrastrutture, casomai c’è un deficit. E da questo dipende anche la competitività delle nostre imprese, perché la facilità di accesso delle merci a un mercato aiuta lo sviluppo dell’economia. Altrove invece raddoppiano gli aeroporti o ne costruiscono di nuovi perché sono datati o meno moderni, potenziano le infrastrutture ferroviarie per la circolazione delle merci, togliendo così il transito su ruote. Noi invece usiamo infrastrutture con un binario solo. Vi pare possibile? Con il treno facciamo Firenze-Roma in un’ora e mezza, ma se parto da Firenze per andare a Viareggio in treno ce ne vogliono quasi due, in macchina invece so quando parto e non so quando arrivo. Se aspettiamo ancora, le condizioni possono solo peggiorare. E le imprese perdono le occasioni per attirare investitori stranieri”.

 

L’accessibilità è una condizione per migliorare lo sviluppo non solo delle imprese, “si aumenta anche la vivibilità delle persone. Le sembra normale che per fare 80 chilometri uno ci metta due ore?”. Così, dice Varia, si perdono occasioni e si vive peggio. “E l’economia ne risente: tutti gli economisti ci dicono che gli investimenti in infrastrutture sono un moltiplicatore in tutti i comparti che vale il 2 per cento del Pil. Però appunto per avere questo sviluppo le infrastrutture vanno fatte, non bloccate. Cosi si produce l’effetto contrario”. Questo governo, dice Varia, “pensa di convincere l’Europa dicendo di voler sforare il debito per migliorare sviluppo economico. Certamente, senza infrastrutture non accadrà.

 

Nessuno c’è mai riuscito, se poi pensano di farvela bene… Altrimenti vorrà dire che andremo tutti in bicicletta”. Quindi, dice Varia, va bene tutto: va bene fare le analisi costi-benefici, valutare tutto quel che c’è da valutare, “poi però le cose vanno fatte. D’altronde, nascono ospedali nuovi ma se la viabilità non c’è come li raggiungiamo?”. Oppure prendiamo il caso dell’aeroporto di Firenze. “A Firenze c’è l’eccellenza della moda, il turismo andrebbe valorizzato ma se per raggiungere questi luoghi ambiti non si fanno le infrastrutture non si valorizza un bel niente”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.