Manifestazione degli studenti e dei precari della scuola (foto LaPresse)

La mobilitazione contro la manovra

Quattro passi tra gli studenti arrabbiati con il governo gialloverde

David Allegranti

Dalla Federazione degli Studenti agli Studenti per le Libertà, la protesta è diventata ormai trasversale

Roma. Una protesta allegra e al contempo seria contro il governo di Lega e Cinque stelle. È l’invito rivolto dal direttore del Foglio Claudio Cerasa agli studenti a “occupare simbolicamente per un giorno la propria scuola”. Per una volta “potrebbe essere giustificato”, ha aggiunto il direttore, ponendo cinque domande agli studenti: “Pensate sia giusto pagare la pensione anticipata dei vostri genitori con ulteriori e inevitabili tasse che ci saranno un domani sul vostro futuro contratto di lavoro? In Italia, le pensioni sono pagate con i contributi versati da chi lavora e se l’età pensionabile viene abbassata invece che essere alzata i contributi pagati da chi lavora dovranno inevitabilmente aumentare. E’ quello che volete, sì o no?

 

Domanda numero due: pensate sia giusto rimanere silenti di fronte a un governo che, giocando con la nostra moneta, sta creando le condizioni (a) per far aumentare ancora di più le tasse che pagherete nel futuro e (b) per far crollare il valore del patrimonio che potreste ereditare un domani dai vostri genitori?

 

Domanda numero tre: pensate sia giusto rimanere in silenzio di fronte a un governo che, rendendo più difficili le assunzioni a tempo indeterminato, sta creando le condizioni per rendere il mercato del lavoro del futuro più incerto rispetto a oggi?

 

Domanda numero quattro: pensate sia giusto rimanere immobili di fronte a un governo che, lavorando per far crescere le tasse sul lavoro, lavora di fatto per disincentivare l’occupazione e per rendere le assunzioni ancora più costose rispetto a oggi?

 

Domanda numero cinque: pensate sia giusto rimanere silenti di fronte a un governo che vuole distruggere quella stessa Europa che vi ha permesso di vivere i primi anni della vostra vita senza dover fare mai i conti con la parola guerra?”.

  

Lorenzo Tinagli, Coordinatore nazionale della Federazione degli studenti, concorda con l’analisi ma ha alcune perplessità. Parte dalle cinque domande poste dal direttore al termine del suo editoriale di ieri e si rivolge così al direttore del Foglio: “In quanto studente ventenne, impegnato politicamente, non posso far altro che confermare una profonda e giusta indignazione – per citare l’ultimo libro di Carofiglio – nei confronti di questa manovra economica e soprattutto nei confronti delle sue conseguenze: dal problema delle pensioni, alla questione della stabilità europea. Conosce già le risposte ‘corrette’ alle sue cinque domande retoriche: ogni studente consapevole risponderebbe allo stesso modo a quelle domande. Le dirò di più: sono esattamente le domande che molti studenti si pongono, su cui molti ventenni si interrogano dopo aver letto un giornale o dopo aver visto un post sui social. Nessuno di noi vuole essere privato di lavoro, pensione, eredità, futuro. Condivido quindi il suo monito, che raccoglie l’esortazione lanciata da Pietro Ichino”.

 

Tuttavia, aggiunge Tinagli, “mi trovo a dissentire su alcuni aspetti, che riassumerò nei prossimi passaggi. Innanzitutto credo sia fuorviante fare – attualmente – appello agli studenti per contrastare una manovra economica come questa: percepisco una sorta di deresponsabilizzazione della politica e dei media. Scaricare una responsabilità così grande su una categoria così debole politicamente (e, ci tengo, a dirlo ancora impreparata su questioni così sensibili) non è coerente e soprattutto giusto nei nostri confronti: non siamo strumenti di opposizione, vogliamo proprio esserla. E’ vero: i tempi sono maturi per un’opera di sensibilizzazione e di avvicinamento dei ragazzi a temi cruciali come questo, ma occupare le scuole adesso sarebbe un vero atto sterile e sprecato. Le occupazioni non possono essere manipolate o sminuite, né tantomeno le si può chiamare carnevalate, valutandone l’utilità dall’alto con ironia e con miopia. E’ per questo che cominceremo a organizzare eventi esterni alla scuola, in cui esporremo le probabili disastrose conseguenze della manovra e cercheremo di far diventare consapevoli gli studenti degli eventuali danni”.

   

Quindi, aggiunge Tinagli, “solo con un’opera del genere partirà spontanea la necessità di urlare e di farsi sentire, e – dopo che saranno valutati e studiati i già previsti tagli alla scuola pubblica – non ci sarà nemmeno il tempo di inneggiare alle occupazioni dall’alto, perché saranno già cominciate: legittime, consapevoli, diffuse e spontanee. Credo fermamente che le proteste possano essere gestite solo da studenti vicini e coinvolti alle questioni contemporanee: ecco perché, in questo momento, sono contrario a manifestazioni che sarebbero solo strumentalizzate. La responsabilità delle organizzazioni studentesche è quindi, in primis, quella di coinvolgere i ragazzi, di collaborare con docenti e presidi, di organizzare eventi e conferenze. In poche parole: abbiamo la responsabilità e la voglia di gettare le basi per una nuova rinascita culturale e civile, per un nuovo, vero, consapevole ’68, di cui, tra l’altro ricorre il cinquantesimo anniversario, e che oggi più che mai ritorna attuale, di fronte a un governo come questo che dimostra così tanta superficialità e a tratti malizia nei confronti delle prossime generazioni. Solo dopo potremo manifestare ed essere ascoltati per quello che siamo”.

  

Giuseppe Romeo, presidente degli Studenti per le libertà, condivide l’idea che i giovani si facciano sentire, perché, dice al Foglio, “io penso che si stia giocando col fuoco. Fare una manovra che preveda un deficit così alto per delle iniziative che non garantiscono adeguati investimenti per la ripresa, arrecherà danni alle giovani generazioni, che già purtroppo hanno ereditato un debito pubblico, tra i più alti del mondo. Pertanto è necessario che si dia voce al pensiero dei giovani di oggi, che saranno i veri destinatari dei disagi che queste irrazionali scelte politiche produrranno in futuro. Penso in particolare al reddito di cittadinanza, che non favorirà sicuramente l’ingresso nel mondo del lavoro, anzi lo disincentiverà, trattasi infatti di una manovra assistenziale che supera di gran lunga quei vecchi metodi clientelari che hanno determinato la grave situazione odierna. Riguardo all’Europa, che ci ha consentito di vivere 80 anni di pace, è un istituzione che va rafforzata, che va migliorata, ma a cui non si può rinunciare. La libera circolazione di beni e persone ha permesso sviluppo e benessere in tutti i paesi europei, abbattendo quelle odiose barriere che oggi, quasi, nessuno più ricorda”. Enrico Gulluni, coordinatore nazionale della Unione degli Universitari, concorda con l’analisi, “molto incentivante a muoversi”, e sottolinea che “mettere in contrapposizione le diverse generazioni è la cosa più sbagliata da fare”.

 

Spiega anche che c’è da affrontare una questione: “Il problema principale a scuola e nelle università è proprio la percezione che si ha rispetto a questi temi, nel senso che gli studenti non sanno come funziona il sistema pensionistico e come si finanzia. Io credo che per occupare le scuole, ma anche le università in realtà, bisognerebbe creare una coscienza e un movimento culturale su queste determinate tematiche, partendo proprio dai temi di cui parlava il direttore, che si possono riassumere in maniera, banalmente, nel futuro negato alle giovani generazioni. E’ quello che stiamo provando a fare da un po' di tempo in realtà. Credo che quest’anno, viste tutte le manovre che sono state messe in campo, possa avvenire qualcosa di simile ai movimenti di massa del 2008-’10. Anche perché, per come la vedo io, non c’è altra soluzione. Ma appunto il problema fondamentale è creare una cultura e una coscienza rispetto a queste cose non solo tra i giovani, ma anche tra chi per salvaguardarsi nell’immediato queste cose non le vede (e cioè pensionati, politici e quant’altro)”.

  

Giammarco Manfreda, coordinatore degli studenti medi, dice che quella del Foglio è una “esortazione importante, il 12 noi abbiamo lanciato la prima data di mobilitazione nazionale studentesca, da lì partirà un percorso che avrà il suo apice il 17 novembre. Sui territori e nelle scuole, l’opposizione al governo sta già iniziando a costruirsi, sarebbe importante raccontarla”. La piattaforma si chiama #chihapauradicambiare ed è stata diffusa in questi giorni. “Ce lo chiediamo ormai da qualche mese, da quando si è insediato il cosiddetto ‘Governo del cambiamento’”, c’è scritto nel documento. “Un governo che ha mostrato di saper parlare di giovani e studenti solo come strumento per veicolare messaggi propagandistici. Per il governo del cambiamento siamo solo futuri soldati o vittime inermi degli ‘spacciatori di morte’. Ma dov’è il cambiamento di cui si è tanto parlato? Noi vediamo solo tanta propaganda, tanta violenza nelle parole, la strumentalità di chi non vuole investire su ciò che realmente genera cambiamento ma solo creare l’illusione di una svolta che non c’è e che, nei fatti, cela la volontà di un pericoloso ritorno ai tempi più bui della storia del nostro paese”.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.