Il segretario del Pd, Maurizio Martina (foto LaPresse)

Da Empoli ci spiega perché il Pd deve ancora puntare al centro

David Allegranti

L'intellettuale vicino a Matteo Renzi: “Il piano inclinato porta all’abbraccio con il M5s. Spero che sia in grado di dire 'no grazie'”

Roma. La tentazione dell’estate, per il Pd, è fin troppo evidente: “Il piano inclinato porta all’abbraccio fra Pd e M5s, perché le contraddizioni tra Lega e grillini prima o poi esploderanno”, dice Giuliano da Empoli, scrittore e intellettuale vicino a Matteo Renzi. “Se prima o dopo le Europee è difficile da prevedere ma questo momento arriverà. Anche perché la Lega è entrata nell’orbita di The Movement di Steve Bannon”, la nuova internazionale populista che punta alle prossime elezioni europee. “E’ quindi dentro una galassia identitaria e con un disegno politico molto chiaro rispetto al quale il M5s comunque risulta in parte affine ma anche schiacciato, perché l’algoritmo non riesce a rispondere a tutti i bisogni e a tutte le domande, essendo appiattito sulla posizione, così netta, della Lega”.

 

Sicché a un certo punto, argomenta da Empoli, “non ci sarà una scissione, perché il M5s è un’azienda. Semplicemente, alla Casaleggio cambieranno chip – ora c’è quello sovranista, che è servito per scrivere il contratto con la Lega – e ne inseriranno uno diverso”. Cambieranno anche i volti, magari. “Certo, un tempo c’era la riserva della Repubblica, ora c’è la riserva del ‘vaffa’. Ci sono pronte persone come Alessandro Di Battista, più movimentiste o terzomondiste. Ecco, quando questo momento arriverà, e arriverà, a quel punto il Pd che farà? Sarà come quello che viene scelto per ultimo a calcetto quando si formano le squadre oppure no? Io spero che il Pd sia in condizione di arrivarci dicendo ‘no, grazie’. Ma persino se fossi uno di quelli che pensa che sia opportuno riaprire la trattativa con il M5s – e io non lo penso affatto – direi che la strada possibile è una sola: opposizione frontale. Anche chi ritiene che quella sia l’alternativa può solo sperare che il Pd sia più forte possibile”. Peraltro, “non c’è neanche bisogno di farsi venire chissà quali idee brillanti o travolgenti. Basta fare opposizione frontale. Su immigrazione, economia, vaccini, giustizia, temi etici. Intanto, quindi, bisogna uscire da questa situazione imbarazzante facendo velocemente un congresso. So benissimo che qualcuno vorrebbe farlo slittare a dopo le Europee ma sarebbe un errore; andrebbe celebrato entro l’anno, al massimo a gennaio 2019”.

 

Secondo da Empoli la questione è molto chiara: “C’è un’area politica inoccupata per le forze moderate e di centro. O la si occupa in fretta o la occuperà qualcun altro con qualcosa di nuovo. Il Pd in passato ha dimostrato di avere, per una stagione, la capacità di occupare quello spazio. Ora, il Pd non è uno strumento inadeguato e penso che se vorrà ci riuscirà di nuovo. Il problema è che quegli spazi si vanno riducendo di giorno in giorno. E se il Pd dopo il congresso cambierà linea, magari dopo una vittoria di Nicola Zingaretti, inevitabilmente altre forze proveranno a riempire gli spazi e spero che ci riescano”. Se appunto il Pd “farà un’operazione di recupero identitario, magari per alcuni versi utile, e quindi deciderà senza neanche provarci di non rivolgersi al centro dell’elettorato, all’area più moderata, è chiaro che lo faranno altri: i fuoriusciti di Forza Italia che non vogliono morire salviniani, i fuoriusciti del Pd che non vogliono morire post-comunisti. Sarà probabilmente una combinazione delle due cose, con un rischio però molto alto di frammentazione e di irrilevanza. Un grande partito ha la forza di imporre una scelta centrista, come è stato il caso di Renzi; nel caso invece in cui ci siano dei gruppi che si staccano da una parte e dall’altra può esserci uno scenario favorevole, ma ce ne possono anche essere altri in cui questa operazione non funziona. Nell’esperienza italiana, quanti gruppuscoli liberali, moderati, centristi sono nati? Io ne ricordo dozzine, mentre invece non ne ricordo nessuno che sia sopravvissuto. In uno scenario così polarizzato poi, far sentire le voci moderate e liberali non sarà una cosa facile”.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.