Maurizio Martina durante la riunione della segreteria del Pd a Tor Bella Monaca (foto LaPresse)

La segreteria ai tempi della periferia

David Allegranti

Il Pd di Maurizio Martina cerca se stesso a Tor Bella Monaca, luogo dello spirito

Tor Bella Monaca è un luogo dello spirito, ogni città ne ha uno, ci si va quando si perdono le elezioni ed è tutto un ripetere che bisogna “ripartire dalle periferie”, oppure quando le elezioni ancora non si sono perse ma c’è un mitologico popolo da sedurre prima che sia troppo tardi.

 

A giugno c’è stata la sindaca Virginia Raggi a fare il giro dei cumuli di spazzatura, alla faccia della giunta del cambiamento, ché se c’è un vento che soffia è quello imputridito dal cibo in decomposizione nei cassonetti. In tutta Roma, e anche in via Aspertini, dove c’è la prima libreria di “Tor Bella”, Booklet Le Torri, che ha accolto il Pd guidato da Maurizio Martina.

 

Nel 2013 in periferia ci andò l’allora segretario Pier Luigi Bersani per manifestare “contro la povertà”  e “per il governo di cambiamento” insieme ai circoli pd di Scampia, San Salvario, Corviale, Tor Bella Monaca, Laurentino e San Basilio, quartieri poveri della Capitale, di Napoli e Torino. Oggi la nuova segreteria s’è riunita per la prima volta nella libreria Le Torri, inaugurata un paio di mesi fa, raccogliendo evidentemente l’invito di Pina Cocci, delegata all’assemblea, che a maggio s’arrabbiò non poco all’Ergife: “Veniteci nei territori, non vi mettete in bocca la parola ‘periferia’. Ma a Tor Bella Monaca chi v’ha mai visto?”.

 

Anche Matteo Renzi nel 2014 riunì il Pd in periferia, ma era solo una metafora visto che la portò in trasferta a Firenze, sette e trenta del mattino, in pieno centro storico (via Martelli, già sede del suo comitato elettorale). Ma per Renzi tutto ciò che non è romano è già periferia dell’impero, quindi va bene, e poi ai tempi andava molto l’assalto del Giglio magico, “Roma ladrona Rignano non perdona!”.

 

Adesso però c’è bisogno di periferia vera, non ideale. Dice Maurizio Martina, il neo segretario, che “il Pd deve fare il suo percorso nel paese reale, nei quartieri popolari, ascoltando innanzitutto i bisogni. Questo è un passo che ha una sua forza simbolica ma per me deve avere una sua coerenza anche nei prossimi appuntamenti che avremo e nelle scelte che faremo: noi ci siamo, vogliamo fare la nostra parte e ripartiamo da qui non a caso”. Prossime destinazioni: Palermo e Napoli. La scelta della libreria – “che non è la libreria del Pd, la cultura non ha colore politico”, si affretta a precisare la proprietaria Alessandra Laterza – è stata accolta con perplessità da alcuni membri del partito stesso.

 

“Sarebbe stato davvero bello farla al circolo del Pd”, dice Roberto Morassut. “Quel circolo che in pochi abbiamo difeso, quattro anni fa, dalle degenerazioni e che oggi, grazie a tanti giovani e meno giovani iscritti eroici del Pd è una realtà viva, aperta e davvero ‘civica’. Nel 2014 gli iscritti onesti stavano per essere espulsi dal Pd, bisogna ricordarlo. Non fummo molti a difendere il Pd buono”. La periferia “e soprattutto Tor Bella Monaca non hanno bisogno, come spesso avviene, di atti simbolici, di ‘segnali’”. Concorda il segretario del VI municipio (270 mila abitanti censiti, una città praticamente), Fabrizio Compagnone: “Se nei prossimi tre anni non si vede più nessuno, diventa un problema. Il limite sta lì”. Il segretario spera che i vertici nazionali del partito tornino “tra 6 mesi, 7 mesi, 8 mesi” stavolta però “sul versante Prenestino, dove ci sono situazioni molto più disagiate di Tor Bella Monaca, come Ponte di Nona, che è una bomba sociale e sta esplodendo”.

 

C’è chi dice che la riunione della segreteria di ieri sia stata una “passerella”. Ma, spiega Compagnone, “lunedì mattina arriva il sindaco Raggi e l’assemblea capitolina viene qui per la prima volta per la commemorazione di Paolo Borsellino. Le passerelle vengono fatte in continuazione da tutti, Salvini una settimana prima delle elezioni è venuto a via dell’Archeologia”, nota per spaccio e sparatorie, “a fare una passeggiata. Adesso che è ministro dell’Interno quali sono le soluzioni?”. Comunque, passerella o no, il Pd c’è andato; se poi si siano fatti anche vedere è questione da interpretare. Marianna Madia, che pure è responsabile comunicazione, non ha comunicato, manco con un tweet. Francesco Bonifazi, tesoriere, aveva l’aria perplessa (forse troppi libri, tutti insieme). Gianni Cuperlo, sperando che non si tratti solo di una visita spot, ha ripensato al suo reportage per l’Espresso di pochi giorni fa: “Se sei la sinistra e ti votano solo al Vomero o ai Parioli una domanda devi fartela, ma se non trovi una risposta ti resta solo l’evocazione delle periferie. Dove ‘bisogna tornare’, non ci piove. Il punto è a dire cosa. Perché poi non basta dire ‘periferie’, mica sono tutte uguali”. Poi ha comprato un libro Adelphi di Georges Simenon: “Il fondo della bottiglia”. No, non parla del centrosinistra.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.