Dario Franceschini (foto LaPresse)

“Neanche un caffè con i 5 stelle”. Prove di resistenza a Franceschini

David Allegranti

Romano: “Il Pd che fa da stampella ai 5 stelle è autolesionista”. Giachetti: “ Non esiste”. Raciti: “Vanno sfidati, non inseguiti”

Roma. “Io per cultura dialogo con tutti, anche con CasaPound. Dialogare è un conto, fare governi è ben altra cosa”. Roberto Giachetti dice che l’intenzione di una parte del Pd di volersi alleare con i 5 stelle per lui non è sostenibile. “Per me non esiste”, dice al Foglio. Non esiste neanche per Andrea Romano, che conferma il progetto di una parte del Pd di prendere il posto della Lega: “L’idea di un Pd che faccia da stampella ai 5 Stelle è insieme autolesionista e velleitaria”, dice al Foglio. “Autolesionista, perché l’esito della ricerca di un dialogo con chi è nato e vive per prosciugare il Pd sarebbe l’immediato e ulteriore ridimensionamento del Pd. Velleitaria, perché questa idea si basa su una rappresentazione ‘razionale’ di un movimento che è tutt’altro che un partito tradizionale e dunque dotato di meccanismi normali di confronto e discussione interna ed esterna: i 5 Stelle sono un’operazione di segno autoritario e antidemocratico, governata da una centrale tutt’altro che trasparente, e che mai e poi mai darebbe al Pd lo spazio che alcuni dirigenti (molto staccati dalle percezioni dei militanti e degli elettori Pd) immaginano di guadagnare”.

 

L’esito insomma “sarebbe catastrofico, per il Pd e per il paese. Il vero investimento politico è quello di prendere sul serio le motivazioni degli elettori che hanno scelto M5s, dando loro risposte che siano realistiche e contrarie alla inconcludente e pericolosa fuffa grillina. Preservando soprattutto il valore di un’alternativa Pd all’asse gialloverde, e difendendo così l’interesse nazionale italiano e lo stesso futuro del Pd”. Dice Fausto Raciti: “Neanche un caffè con i Cinque stelle. Questo non preclude il gioco parlamentare, ma non capisco quale fatto nuovo mi dovrebbe fare cambiare la mia mia valutazione. Anche perché, mi chiedo, c’è un elemento di crisi o differenziazione su fatti importanti? C’è una crisi in corso nel governo? No, convivono benissimo. Non vorrei confondessimo le speranza con i fatti. C’è solo un patetico inseguimento: Salvini fa lo show sull’immigrazione, Di Maio lo show sulla delegittimazione del Parlamento. Non vedo perché io dovrei partecipare a uno di questi spettacolini. Dobbiamo sfidarli, non inseguirli, se vogliamo produrre una crisi che in questo momento non c’è. Mi dovrei commuovere perché Di Maio riconosce che sullo sbarco di Trapani Mattarella ha ragione? Era loro dovere risolvere quel problema, avere costretto Mattarella a occuparsene è solo l’ennesimo segno della loro complice subalternità, ma erano impegnati a farsi i video sui vitalizi. Offrire piani B ai 5 stelle in questo significa solo rafforzare l’assetto di governo”. Aggiunge Anna Ascani: “I primi mesi di esperienza di questo governo hanno dimostrato in maniera inequivocabile che il blocco Lega-5 stelle è un tutt’uno tenuto insieme da un orizzonte valoriale e di pensiero che nulla c’entra con il pensiero del Pd e con le prospettive del centrosinistra”.

 

Quanto al “decreto Di Maio, che mi rifiuto di chiamare decreto dignità”, che piace alla minoranza del Pd, dice: “Aumenta il precarietà e riduce la possibilità di accesso al lavoro, quindi se il primo diritto per noi è quello sancito dall’articolo 1 della Costituzione, cioè il diritto al lavoro, il Pd deve per forza collocarsi all’opposizione rispetto a un testo di legge che va nella direzione opposta, favorendo il lavoro nero e riducendo lo spazio dei diritti”. Dice Dario Parrini: “‘I funzionari italiani all’estero che difendono trattati scellerati come il Ceta saranno rimossi’. Di Maio porta il reato d’opinione nella Pa. Un delirio antidemocratico, alla Salvini. Inoltre denigra come ‘pastoia burocratica’ l’obbligo di copertura di qualsiasi spesa pubblica previsto dall’articolo 81 della Costituzione a tutela della finanza pubblica e delle future generazioni. Come se ciò non bastasse, il pentastellato Casalino portavoce del premier minaccia di chiusura un quotidiano (il Foglio, ndr). Tre scivoloni illiberali e autoritari in 24 ore sono troppi per essere un caso. Prenda nota chi insiste a scorgere tratti di sinistra nei 5 stelle”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.