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I “cento giorni” di Zingaretti e “specchio riflesso” col governo

Marianna Rizzini

Nel Lazio non c’è maggioranza ma si governa, nel paese la maggioranza c’è, ma il governo brancola. Un messaggio al Pd

Roma. “Cento giorni cento fatti”: così il presidente della Regione Lazio e futuro candidato alla segreteria del Pd Nicola Zingaretti ha presentato ieri il bilancio dei primi tre mesi di governo nella strana condizione in cui, pur avendo Zingaretti vinto, la maggioranza non c’è (la cosiddetta “anatra zoppa”). Dice il governatore: “Quello che era un problema è diventata un’opportunità: nessuno vuole nascondere il fatto di una situazione anomala. Da qui l’ossessione di concentrarsi sul metodo, con cose utili per la comunità”. E il metodo vuol dire anche “verificare tema per tema la convergenza”: “Grazie ai consiglieri dell’Alleanza del fare, grazie ai consiglieri di centrodestra che spesso hanno condiviso alcune grandi scelte e si sono predisposti a un positivo lavoro d’Aula, grazie al M5s che fa dura opposizione e verifica su temi delicati per dimostrare che anche nell’Italia dei conflitti si può lavorare bene”. E certo Zingaretti ha anche un interesse nazionale (pre-congressuale) a presentare il “modello Lazio” come virtuoso, e, com’è accaduto giorni fa, a rivendicare, all’indirizzo del vicepremier e ministro del Lavoro e Sviluppo Luigi Di Maio, di avere regolato la condizione lavorativa dei rider prima di Di Maio (messaggi non criptati arrivano al Pd dove sottotraccia si muovono le pedine per la segreteria). Il Lazio – dove Zingaretti elenca le cose fatte dall’insediamento al 12 luglio, mettendo in guardia “contro il rischio paralisi” – si pone di fatto come specchio rovesciato del paese in cui il governo c’è, ma i cento giorni dalle elezioni raccontano prima un interminabile stallo per capire come far quadrare i risultati elettorali e poi la quotidiana battaglia per il “chi comanda qui dentro” tra Luigi Di Maio, Matteo Salvini, il premier Giuseppe Conte e il ministro dell’Economia Giovanni Tria.

 

C’è chi infatti nel Pd – mutate le condizioni – vorrebbe cimentarsi con la collaborazione “pezzo a pezzo” con gli ex nemici (futuro tema congressuale). E chi, come l’ex ministro Carlo Calenda, lancia proposte alternative per evitare “paralisi”, stesso termine usato da Zingaretti per indicare la possibile palude partitica “per i prossimi sette, dodici mesi”. Congresso subito, scrive Calenda su Facebook, per non discutere di partito invece che di Italia: “La segreteria sarà frutto di un compromesso tra anime in perenne conflitto. Molto difficilmente avrà la forza di condurre un’opposizione forte. In che modo questa situazione può essere cambiata rapidamente? Invece di singole candidature al Congresso si presenti una squadra composta dalle persone più incisive che il Pd può mettere in campo: penso a Gentiloni, Minniti, Renzi, Pinotti, Cuperlo, Bonaccini, Serracchiani, Finocchiaro, Bellanova, Sala, Del Bono, Zingaretti, Delrio, Richetti, Giachetti, Gori, Mancinelli, Quartapelle, Spicola, Calenda. Una candidatura collettiva accompagnata da una richiesta di Congresso subito (a settembre)”.

 

Intanto il governatore laziale passa in rassegna le “dieci azioni” principali dei cento giorni: i “nuovi sportelli per la semplificazione e l’efficienza” (altro punto di concorrenza con i Cinque stelle), la “legge che ridisegna il welfare e i sevizi per gli studenti del Lazio e che crea un ente regionale per garantire “il diritto allo studio e alla conoscenza”; la sottoscrizione del nuovo contratto di servizio Regione-Trenitalia per “rinnovare il cento per cento di treni”, il programma annuale” a sostegno del cinema e dell’audiovisivo e, di nuovo in concorrenza con il M5s, il “taglio ai vitalizi regionali da utilizzare per abbattere le liste d’attesa”. “Nuova cultura politica dei contenuti e del bene comune”, dice il governatore laziale. E il sindaco di Roma Virginia Raggi? Inaugura isole pedonali, mentre il Messaggero titola: “Due anni di Raggi, metà delle delibere per obblighi di legge”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.