Alfonso Bonafede (foto LaPresse)

Mi manda Bonafede, il mistero dello sponsor di Conte e Lanzalone

David Allegranti

Il ministro della Giustizia ha un difficile rapporto con il consenso politico ma un ruolo mica da ridere: conosceva il premier fin dall'università e ha portato a Roma l'ex presidente di Acea oggi ai domiciliari per l’inchiesta sullo stadio

Roma. Ingiustamente trascurato, sepolto dai propri auto-sorrisini a “Piazza Pulita”, dove in una recente puntata ha detto che il discorso di Giuseppe Conte alle Camere per chiedere la fiducia “toccava il cuore degli italiani”, piazzandosi dunque in quota Fantozzi (“è un bel direttore!”) è invece centrale e merita di essere ricondotto sotto i riflettori. Alfonso Bonafede, fiorentino d’adozione, ministro della Giustizia, che ha un difficile rapporto con il consenso politico. Nel 2009, quando si candidò alle comunali di Firenze contro Matteo Renzi con la lista dei Cinque stelle non finì bene: prese appena l’1,8 per cento. Pochino. Così come pochine furono le preferenze con cui vinse le parlamentarie del 2013: 227. Tuttavia il Bonafede, a dispetto dei numeri, ha un ruolo mica da ridere visto che conosceva Giuseppe Conte – “vicepresidente di due vicepresidenti”, come l’ha definito Vittorio Sgarbi, a testimonianza della sua fragilità politica – fin dai tempi dell’università ed è stato il suo sponsor per il governo.

   

Forse nemmeno lui s’aspettava che Conte, destinato nella lista dei fanta-ministri a Cinque stelle al dicastero della Pubblica amministrazione, alla fine sarebbe diventato nientemeno che presidente del Consiglio. Ma c’è di più. E’ stato Bonafede a portare a Roma Luca Lanzalone, ex presidente di Acea oggi ai domiciliari per l’inchiesta sullo stadio. “Ci siamo conosciuti quando ho lavorato al caso Aamps a Livorno”, spiegò Bonafede l’anno scorso.

 

L’avvocato genovese è infatti passato anche dal Comune guidato da Filippo Nogarin, dove ha gestito il concordato Aamps, azienda di servizi pubblici. Lo hanno detto anche Roberta Lombardi e Virginia Raggi, quasi a lavarsene le mani peraltro: sono stati Bonafede e Riccardo Fraccaro, oggi ministro per i Rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta (cioè per la Casaleggio Associati) a introdurre Lanzalone nelle segrete stanze dei palazzi romani. “Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede – ha affermato la sindaca a “Porta a Porta” – all’epoca erano del gruppo enti locali che supportavano i Comuni. Vennero a darci un supporto perché all’indomani dell’arresto di Marra ci fu uno scossone in Consiglio comunale, e ci presentarono Lanzalone quando chiesi di approfondire lo strumento del concordato preventivo in continuità”.

 

E poi come non ricordare le prestazioni della recente campagna elettorale, quando Bonafede era uno dei punti di riferimento per la selezione delle candidature in Toscana e spuntavano in continuazione aspiranti parlamentari con requisiti sballati per le stringenti norme del M5s, cosiddetti “impresentabili” secondo le norme liberticide del M5s. Da Piero Landi, massone e candidato a Lucca, a Leonardo Franci, iscritto alla Lega e candidato a Siena. Per non parlare di Salvatore Caiata, patron del Potenza, una mezza vita spesa nella città del Palio, già dirigente del vecchio Pdl a Siena e indagato per riciclaggio. Attivisti e dirigenti dei territori avevano spiegato a Bonafede & soci che c’era qualche problema con certe candidature. I consigli però non sono stati presi in considerazione. In alcuni casi Bonafede è proprio sparito. Lo sanno bene i militanti di Siena, cui la Casaleggio Associati non ha rilasciato la certificazione per presentarsi alle ultime amministrative.

  

Per questo il M5s non si è potuto candidare alle elezioni. Michele Pinassi, ex consigliere comunale, ha chiesto spiegazioni ma non c’è mai stata nessuna risposta dai vertici. “E’ passato un mese – dice – e ancora non riesco a darmi pace. E non ci riesco perché ancora nessuno ci ha detto il motivo ufficiale della nostra esclusione. Riuscirò a farmene una ragione ? Spero di si, perché la rabbia e la delusione da smaltire è davvero tanta…”. Insomma, è un mistero. Di Bonafede.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.