Sergio Costa (foto LaPresse)

Governo plastic free (si salvi chi può)

Redazione

Il ministro dell’Ambiente e generale Costa dichiara guerra alla plastica

Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa dichiara guerra alla plastica, lancia un “Plastic free challenge” e annuncia che per il 4 ottobre il suo ministero sarà, appunto, interamente libero dai cosiddetti polimeri. Va ovviamente preso in parola, e va incoraggiata l’iniziativa, così come altre non demagogicamente utili a ridurre questo inquinamento che avvelena soprattutto i mari e le sue specie (due mesi fa in Spagna un capodoglio è morto spiaggiato con 29 chili di plastica nello stomaco; nel Pacifico c’è un’isola galleggiante di rifiuti grande un terzo della Francia), ma che certo non risparmia la terra, senza parlare della sporcizia nelle città. Incontrando 23 associazioni ambientaliste l’ex generale dei carabinieri famoso per l’azione nella cosiddetta Terra dei fuochi ha informato che chiederà “simpaticamente al presidente della Camera Roberto Fico, ma anche al ministro Luigi Di Maio, di liberare dalla plastica Montecitorio e ministero”. Benissimo, siamo sinceramente con lui. Ma perché non pure gli altri ministeri e istituzioni anche non a 5 stelle? E perché non pensare alla Roma di Virginia Raggi, le cui strade sono sempre più sepolte da rifiuti, plastici e non?

 

Poiché comunque il Foglio è contrario alla logica del “ben altro”, l’appoggio al ministro Costa resta incondizionato e senza malizia. Sfruttiamo però il challenge antiplastica per riflettere su una battaglia che, proprio perché giusta, per risultare efficace dovrebbe essere pragmatica. Per esempio, avendo priorità rispetto alle crociate contro le auto diesel, che inquinano meno della plastica, e che non possono sparire in due o tre anni, soprattutto tenendo conto dei processi industriali, dei posti di lavoro e dei costi. Bisognerebbe poi non incoraggiare certi meccanismi di massa alimentati dalle fake news di internet: ci siamo dimenticati la grande guerra di Capodanno contro i sacchetti biodegradabili “prodotti dall’amica di Renzi”. E soprattutto puntiamo a norme semplici, chiare e magari a costo zero o quasi: nelle Hawaii i commercianti sono tenuti, se lo chiedi, a darti i prodotti liberi da imballaggi, e provvedono loro allo smaltimento come si deve. Ma (ci risiamo) servono servizi ambientali un po’ diversi dall’Ama.

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