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Viaggio sul sentiero torto del governo Lega-M5s. Parla Gentili

Alberto Brambilla

Il direttore del Sole 24 Ore ci spiega perché è impossibile infrangere regole, vincoli ed etichetta senza distruggere la credibilità

Roma. Da oltre quarant’anni Guido Gentili, direttore del Sole 24 Ore, esercita la professione di giornalista e dice che la campagna elettorale passata è stata “la più brutta e confusa alla quale abbia mai assistito”. Ora che si fa concreta l’ipotesi di un governo con Lega e Movimento 5 stelle, i partiti che hanno ottenuto la maggioranza dei voti, Gentili ritiene che in una situazione caotica a livello internazionale, con guerre commerciali e valutarie in corso, sia ora di smettere con la propaganda. “Se ci si appresta a governare, dal punto di vista del metodo, serve un’analisi spassionata della realtà. La realtà non è semplice e non può essere giudicata con i criteri dei mesi scorsi. La realtà presenta dei problemi complessi e l’approccio alla realtà deve tenerne conto: non possiamo illuderci che la soluzione arrivi con la bacchetta magica a portata di mano”.

 

A osservare le intenzioni, un governo guidato da partiti che si sono definiti anti sistema e euro contrari imbocca la strada sbagliata e riceverà segnali d’allarme. “Direi – dice Gentili – che la strada è di quelle a senso unico e non sono concessi ingressi contromano. Pensiamo all’Ilva di Taranto – un problema che ci portiamo dietro da tanto tempo – non si può pensare che solo perché è una questione complessa allora in modo semplicistico chiudiamo la fabbrica”, che è una posizione espressa da una parte del M5s e non conciliante con la visione più industrialista della Lega. Il primo senso unico è dunque quello di un approccio pragmatico non favolistico né di fuga dalla realtà. Ma se il governo dovesse prendere una direzione negativa avremmo dei segnali: già la correzione recente di Borsa non appena comparsa l’opportunità di un governo giallo-verde è stata come un flash dell’autovelox.

 

“Se sottovalutiamo la reazione dei mercati e più in generale dell’andamento, certo trito e ritrito, in su e in giù dello spread rischiamo l’incidente grave, molto grave. Non tenere conto della percezione che gli investitori traggono da una compagine di governo e dal suo operato comporta non solo rischi di breve periodo sui mercati finanziari ma anche di lungo in termini di investimenti esteri nel paese”. Se non si valutano gli scricchiolii insomma si rischia la caduta massi. Il governo però ha delle svolte obbligate dalle quali non può deviare, come i vincoli di bilancio per spesa in deficit e aumento del debito. Ieri sul Sole i parlamentari del M5s Nicola Morra e Carla Ruocco hanno replicato a un articolo di Giampaolo Galli e Lorenzo Codogno dicendo che non hanno intenzione di fare deficit al 10 per cento come negli anni Settanta o di fare spesa pubblica clientelare. Non è rassicurante. “Ci mancherebbe solo tornare a certe prassi. Anche dire di stare intorno al 3 per cento nel rapporto deficit/pil va fatto con attenzione. Siamo sotto o ci galleggiamo intorno ma una manovra finanziaria che sfondasse il tetto avrebbe parere negativo dalla Commissione. Sullo stesso terreno è il livello del debito pubblico che è una mina su cui siamo seduti, e non da oggi, che però dobbiamo disinnescare e non potenziare”.

 

A proposito di aderenza alla realtà e di un sentiero “stretto” o forse anche “torto” oltre a oltre al disinnesco dell’aumento dell’Iva (12,5 miliardi) le intenzioni dei due partiti con l’abolizione della legge Fornero (20 miliardi l’anno) e la flat tax (30-40) sono un fardello. “Il disinnesco dell’aumento dell’Iva è un paletto perché dobbiamo affrontarlo. Per la flat tax non ho nessuna contrapposizione ideologica ma facciamo dei conti su quanto costa e in che modo si realizzerebbe. La revisione della legge Fornero ha un costo elevato. A chi giova? Come si recuperano risorse? Bastano? Serve una bussola”. Abbiamo dunque vincoli esterni, soprattutto europei, ma di “vincoli interni” sembra difficile porsene: al ministero degli Esteri e dell’Economia avanza l’idea di nominare inesperti. “Sono ministeri chiave – dice Gentili – ci giochiamo molto della credibilità. Il nome ha grande importanza, il background, le competenze, le capacità di relazione. In una situazione complessa di guerre commerciali non si può sbagliare”.

  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.