David Ermini (foto LaPresse)

Ermini ci spiega come si possono mettere insieme Ulivo e Macron

David Allegranti

“Con questo sistema elettorale e il possibile governo Lega-M5s dobbiamo recuperare voti a sinistra e aprire ai moderati”

Roma. C’è il proporzionale, c’è un possibile governo giallo-verde, c’è il Pd da reinventare. Tutto si tiene insieme, dice al Foglio David Ermini, deputato del Pd, vicino a Matteo Renzi. “Il Pd ha intanto delle scadenze che sono previste dallo statuto, c’è l’assemblea da fare, il prossimo 19 maggio, nella quale si dovrà decidere se eleggere un nuovo segretario o fare il congresso. E queste cose prescindono dalla durata del governo”. Sono varie le questioni che i Democratici devono affrontare nei prossimi mesi. Una di queste è il tesseramento. “Dobbiamo valutare se l’organizzazione del partito tenuta finora, che era propria dei grandi partiti tradizionali di massa, Pci e Dc, con i tesseramenti locali, ha ancora una funzione. La Margherita, per esempio, già provò a centralizzare il tesseramento”.

 

In questi anni, il Pd “ha fatto tanti tentativi di primarie aperte con Prodi, Veltroni e Renzi, ora dobbiamo mettere a punto la modalità di appartenenza al partito e di come si sta all’interno di un partito, visto che durante la scorsa legislatura c’è stata una battaglia interna che è sfociata in una scissione la cui gestazione ha fatto solo del male al partito. Il Pd, che non deve mai più tornare indietro a un partito triste, di apparato ma deve essere un partito pieno di valori e di slanci ideali, deve ragionare anche su come strutturarsi territorialmente. Faccio un esempio: io sono stato commissario del Pd ad Avellino, che ha più iscritti di Firenze, dove abbiamo 200 mila voti e 7.500 iscritti. Ad Avellino erano 14 mila iscritti nel 2016 e 8.500 quando me ne sono andato a fronte di un quarto dei voti di Firenze. E’ un fatto normale? Si può continuare così? Per questo credo che serva una grossa riflessione”. Tenuto conto del contesto politico-istituzionale, il Pd ha di fronte a sé due strade: può trasformarsi in una sorta di En Marche!, come dice Sandro Gozi, oppure può recuperare il vecchio progetto ulivista. Un tesseramento “leggero”, come quello fatto da Emmanuel Macron in Francia potrebbe servire? “Macron guida il paese con il 23 per cento dei voti grazie al sistema elettorale a doppio turno. Noi invece siamo in un sistema radicalmente proporzionale che non cambierà a meno che non ci siano premi di maggioranza esosi e particolarmente larghi rispetto ai voti ottenuti. Per noi, in un quadro così, è difficile far nascere un movimento che governi con il 23 per cento. Per questo adesso bisogna mantenere quello che Veltroni ha scritto nello statuto del Pd”. A partire, appunto, dalle primarie, sulle quali ci deve essere maggior controllo. “Non dobbiamo più dare i brutti esempi che ci sono stati in alcune città. Serve un controllo molto forte, perché ci sono città in cui abbiamo troppi iscritti rispetto ai voti, e quindi c’è qualcosa che non va”. Il tesseramento fa il paio con la forma-partito. Macron, a quanto pare, non convince Ermini. “Non è che non mi convinca, ma in questo momento, con questo sistema elettorale, abbiamo bisogno di un partito che recuperi i voti della sinistra che sono finiti ai Cinque stelle e che quindi adesso sono finiti in braccio alla Le Pen. Serve un partito però che si apra al mondo più moderato, più centrista. D’altronde che cos’era l’Ulivo se non un raggruppamento elettorale ideale che andava dai centristi alla sinistra? L’Unione fu esageratamente larga, l’Ulivo invece aveva una sua collocazione precisa ed è quella su cui è nato il Pd. Con il sistema elettorale che abbiamo in Italia, l’unico movimento è possibile è l’Ulivo. Se invece ci fosse un doppio turno potremmo ipotizzare soluzioni diverse”.

 

La soluzione ulivista peraltro, sottolinea Ermini, sarebbe più solida di quella offerta dal centrodestra alle elezioni politiche. “Loro hanno fatto un’alleanza fra Fdi, Lega e Forza Italia e ora la Lega va al governo, mentre Fdi e Fratelli d’Italia non si sa se vanno per conto loro, all’opposizione. Se si chiede a un forzista che viene dalla democrazia cristiana se vuole come alleato la Le Pen o Orban risponde di no. Da questo punto di vista è molto più coerente l’Ulivo e il partito che ne è nato poi, il Pd. Sarà pure stato una fusione fredda ma abbiamo governato città e regioni a lungo, è stata una realtà importante e ancora lo è”.

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.