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La democrazia diretta, l'Aventino e l'Abc della democrazia

Luciano Capone

Il monito di Berlusconi è per ora l’unica risposta agli attacchi di Di Maio contro le istituzioni rappresentative

Roma. “Mi raccomando, fate i bravi e sappiate distinguere chi è democratico da chi non conosce neppure l’Abc della democrazia, sarebbe l’ora di dirlo chiaramente a tutti gli italiani”. La frase di Silvio Berlusconi al termine del secondo giro di consultazioni dal presidente della Repubblica, è passato ormai quasi un mese, è stata percepita solo come il gran finale dello show – dopo la conta con le dita, le smorfie e i labiali – con cui il vecchio leone messo in un angolo ha tentato di riprendere la scena occupata dal nuovo leader Matteo Salvini rubando il microfono. E probabilmente era quello lo scopo, insieme all'obiettivo politico di far naufragare la possibile alleanza tra Lega e M5s. Ma dopo le recenti e gravi parole di Luigi Di Maio quell’ammonimento torna di attualità. “Quando una forza politica come la nostra che crede nella teoria della democrazia diretta condivide alcune regole della democrazia rappresentativa e riceve solo il due di picche – ha detto con nonchalance in tv intervistato da Lucia Annunziata a proposito dell’ipotesi di un governo tecnico –, il rischio è che una forza politica come la nostra cominci ad allontanarsi dalla democrazia rappresentativa. Io non minaccio nulla, ma c’è il rischio di azioni non democratiche”. Un attacco frontale alla democrazia rappresentativa, che è poi quella liberale e costituzionale, e un neppure tanto velato richiamo intimidatorio alla piazza e alla lotta politica extra e antiparlamentare.

  

La frase di Di Maio è stata preceduta da una strana allusione a una misteriosa “grande inchiesta” di cui ha appreso da incontri con le forze dell’ordine e arriva qualche giorno dopo un invito all’insorgenza contro un eventuale “governo del presidente”: “Se metteranno il presidente Mattarella nella condizione di individuare questo governo di tregua, gli altri partiti saranno stati dei traditori del popolo. Non esiste tregua nei confronti dei traditori del popolo, questo dev’essere chiaro”. Nessuna delle vestali della “Costituzione più bella del mondo” si è stracciata le vesti per il linguaggio da analfabeta della democrazia (Berlusconi dixit) e alle minacce alle istituzioni democratiche del capo politico del principale partito del paese. Silenzio. Anzi, no. Nei giorni scorsi Gustavo Zagrebelsky sul Fatto ha alzato un allarme per il comportamento “eversivo” di un politico, solo che il destinatario era Matteo Renzi, colpevole di aver rifiutato l’alleanza con il democraticissimo Di Maio: “L’aventinismo di Renzi, dal punto di vista del sistema proporzionale – ha detto Zagrebelsky al Fatto – è una testardaggine vagamente eversiva”. Ora, a parte che come ha spiegato uno storico del fascismo come Emilio Gentile – ma lo stesso potrebbero dire Francesco Perfetti o Giovanni Sabbatucci – paragonare i fatti di oggi alla secessione del 1924 dopo l’omicidio Matteotti è uno sproposito, anche offensivo, rispetto a personaggi dello spessore politico e morale di Filippo Turati e Giovanni Amendola. Ma è un paragone che non ha neppure un senso logico. Con la secessione dell’Aventino l’opposizione antifascista non riconobbe la legittimità del regime e decise di astenersi dai lavori parlamentari, l’esatto opposto del comportamento del Pd che invece ha dichiarato di voler fare opposizione parlamentare. Tra l’altro l’alternativa per gli aventiniani sarebbe tra la mobilitazione di piazza con gli scioperi generali e l’opposizione parlamentare legalitaria, non di certo una collaborazione con la maggioranza (all’epoca fascista), che invece nell’ottica di Zagrebelsky sembrerebbe la scelta democraticamente obbligata.

  

Insomma, mentre il leader del primo partito del paese, l’onorevole Di Maio, agita la piazza e minaccia Aventini veri contro un Parlamento democratico (e non fascista), le accuse di eversione piovono sulle minoranze che non vogliono aiutare chi attacca la democrazia rappresentativa a prendere il potere. Forse ha ragione Berlusconi, prima di parlare di “temi” e programmi, bisogna distinguere chi è democratico da chi non conosce neppure l’Abc della democrazia.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali