Gustavo Zagrebelsky (foto LaPresse)

Zagrebelsky e il partito dell'anello al naso che ha scambiato per rivoluzione il rutto di Grillo

Claudio Cerasa

Vogliono spingere il Pd nelle braccia del M5s. Hanno combattuto per anni per difendere la Costituzione più bella del mondo e oggi si ritrovano al fianco di un partito che quella Costituzione vuole stravolgere

Tra i tanti soggetti politici che oggi seguiranno con attenzione l’ultimo giro di consultazioni concesso dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, quelli che probabilmente soffriranno di più vedendo sfumare ora dopo ora la possibilità di avere un governo politico formato dal Movimento 5 stelle e dal Partito democratico sono gli azionisti di un particolare movimento che potremmo inquadrare con un acronimo formato da quattro lettere: G.A.A.N. In altre parole: Generazione Anelli Al Naso. Gli azionisti di questo particolare movimento sono tutti coloro che dopo aver tifato a lungo per il Movimento 5 stelle nelle ultime settimane hanno invitato in modo brusco il Pd a non fare troppe discussioni e ad alzare la bandiera bianca per allearsi con il Movimento 5 stelle e far nascere così un meraviglioso governo del cambiamento. Opinione legittima ma che se letta da un punto d’osservazione preciso più che legittima diventa insieme romantica e ridicola. E quel punto d’osservazione non può che essere quello offerto la scorsa settimana in un’intervista al Fatto Quotidiano dal professor Gustavo Zagrebelsky, impegnato ormai da tempo a portare avanti una battaglia tipica della Generazione Anelli Al Naso: far diventare il Movimento 5 stelle diverso rispetto a quello che è e spacciare i rutti per sofisticati ragionamenti politici. 

 

Nella straordinaria intervista concessa al Fatto, il professor Zagrebelsky ha offerto alcuni spunti di riflessione importanti che ci spiegano bene in cosa consiste il dramma vissuto da chi si rende conto che il partito per il quale si parteggia non rappresenta i valori per i quali si è combattuto per tutta la vita ma rappresenta esattamente l’opposto: i valori contro i quali si è combattuto per tutta la vita. E per non ammettere che il mondo che si è contribuito a creare è un mondo contro il quale bisognerebbe combattere il modo più semplice è quello di inventarsi un qualche falso nemico contro il quale scaricare le proprie frustrazioni. E da questo punto di vista la lezione del prof Zagrebelsky è tanto esemplare quando surreale. Zagrebelsky dice che il problema della legislatura è la presenza di un partito dove “uno regna e tutti gli altri obbediscono”. Dice che l’aventinismo del Pd, dal punto di vista del sistema proporzionale, “è una testardaggine vagamente eversiva”. Dice che il Pd sbaglia di grosso se continua a pensare solo alle esigenze del partito e non a quelle degli italiani – “che pensi alle esigenze degli italiani, non a quelle del partito”. Dice questo e dice molto altro ma nel suo delizioso scambio con il direttore del Fatto Marco Travaglio, slurp, Zagrebelsky non si rende conto del grande cortocircuito di cui sono vittime i campioni dell’anello al naso oggi più che mai: tutto ciò contro cui si è lottato oggi si trova incarnato nel profilo di chi si difende.

 

In sintesi estrema. E’ o non è il Movimento 5 stelle un partito dove grazie alla truffa della democrazia diretta (si chiama così perché c’è qualcuno che la dirige) uno regna e tutti gli altri obbediscono? E’ o non è una testardaggine vagamente eversiva quella di chi sogna di andare al governo per distruggere la democrazia rappresentativa abolendo l’articolo 67 della Costituzione? E’ o non è un problema per la democrazia avere un partito che sogna di trasformare i suoi eletti in rappresentanti più del capo di una srl privata che del popolo italiano?

 

La parabola del professor Zagrebelsky non è significativa da mettere a fuoco solo per infierire sull’ex presidente della Corte costituzionale ma è importante perché ci segnala una particolare categoria di italiani che si rifiuta di osservare il mondo per quello che è. Che si rifiuta di considerare Di Maio e Salvini come due facce della stessa medaglia populista. Che si rifiuta di ammettere che le forze anti sistema non riescono a governare perché la demonizzazione degli avversari ha creato un mondo in cui i veti contano più dei voti. E che dopo aver combattuto per anni per difendere la Costituzione più bella del mondo si ritrova oggi a fianco di un partito che la Costituzione italiana non solo la vuole cambiare ma la vuole stravolgere e in alcuni punti persino annientare. Zagrebelsky non è il solo a trovarsi così ma gli ultimi sessanta giorni di consultazioni ci hanno ricordato che se esiste un qualche soggetto politico meno presentabile rispetto al Movimento 5 stelle quel soggetto coincide inevitabilmente con chi ha creduto che il grillismo potesse essere qualcosa di diverso rispetto a quello che è: il partito del rutto, il partito del vaffa, il partito dell’eversione.

 

In un paese normale, chi ha tentato di costruirsi una reputazione difendendo i principi della Costituzione oggi dovrebbe sfilare di fronte al Quirinale per chiedere al presidente della Repubblica di fare di tutto pur di evitare di mettere il paese nelle mani di un partito anticostituzionale costruito per imporre una nuova forma di tirannia attraverso la declinazione sistematica di due principi totalitari: l’abolizione del giusto processo (articolo 111) e l’abolizione della presunzione di innocenza (articolo 27). In un paese dove invece negli ultimi vent’anni la Costituzione è stata utilizzata solo come uno strumento per distruggere i propri avversari politici – fino al punto di considerare incostituzionale ogni tentativo di semplificare il nostro sistema istituzionale – succede quello che tutti stiamo vedendo: i fessacchiotti del grillismo, dopo aver demonizzato i propri avversari, sgridano gli avversari per essersi rifiutati di essere sottomessi al grillismo. E allo stesso modo, oggi, i difensori della Costituzione si ritrovano in campo non per manifestare contro i partiti anticostituzionali ma per augurarsi la loro salita al potere. Zagrebelsky e la Generazione Anelli Al Naso aveva cominciato a deliziare il mondo della politica spiegando come combattere l’uomo solo al comando e oggi, meraviglia delle meraviglie, si ritrova nella condizione spassosa di chi difende un capo politico che oltre a essere solo al comando giorno dopo giorno sta dimostrando di essere anche una sola al comando. Che Mattarella ci protegga.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.