Domenico De Masi. Foto La Presse

Perché Di Maio tornerà da Salvini

Valerio Valentini

Il sociologo Domenico De Masi ci dice cosa succederà al Movimento 5 stelle e perché un governo con la Lega sarebbe una tragedia

Roma. Prima di rispondere, Domenico De Masi chiede conferma su cosa gli si stia chiedendo. “Volete l’auspicio o la constatazione?”. E se gli si lascia facoltà di scegliere da dove cominciare, il sociologo molisano, consulente di fiducia del M5s sui temi del lavoro, parte dal desiderio. “Ciò che spererei – dice – è che Luigi Di Maio trovasse un accordo col Pd”. Cosa fattibile, garantisce De Masi, almeno in teoria. Fattibile, anche a fronte di quello che lui concorda nel definire “una scoloritura” del programma a Cinque stelle in materia di occupazione e sviluppo.

  

Il riferimento è alla bozza di “contratto di governo” elaborata da Giacinto della Cananea. “E’ vero, alcuni dei punti distintivi del programma originario del M5s non ci sono”, riconosce De Masi, che sottolinea soprattutto due assenze. “Da un lato – dice – non vi viene espressa alcuna cautela contro lo sviluppo tecnologico e la robotizzazione, che rischia di cancellare più posti di lavoro di quella che potrebbe creare. E poi non c’è alcun riferimento alla riduzione dell’orario di lavoro, soluzione indispensabile per potere far salire il livello occupazionale generale, come del resto avviene in Germania”. Mancanze che agli occhi di chi, come De Masi, per conto del M5s ha scritto un intero volume su questi argomenti, non appaiono esaltanti. “Ma in fondo – aggiunge l’accademico – era inevitabile che Della Cananea mettesse da parte alcune delle proposte più identitarie, e mettesse in luce soprattutto le convergenze”. Che però, per quanto riguarda il Pd e il M5s, non sembrano molte in tema di lavoro. Cosa fare del Jobs Act? E della reintroduzione dell’articolo 18? “Non si dice nulla neanche su questo, è vero”, prosegue De Masi. Ma aggiunge: “Credo comunque che, su questo, se ci si sedesse intorno a un tavolo, con calma, si potrebbe costruire un programma più articolato, degno di una grande socialdemocrazia mediterranea. E del resto, sono convinto che lo stesso Pd sarebbe disposto a riconoscere che al Jobs Act alcuni ritocchi andrebbero apportati”. Ed è a questo punto, forse al culmine del suo impeto di speranze, che De Masi ricorda che c’è ancora un’altra parte del discorso, da sviluppare. Quella che riguarda “la constatazione”. E il tono si fa subito più disilluso.

  

“La sensazione che ho è che alla fine, se questo dialogo col Pd dovesse fallire, per Di Maio si riaprirebbero i giochi con la Lega”, osserva De Masi. E lo fa con una certa angoscia, propria di chi pensa che poi, “nel giro di un paio d’anni, se dovesse andare in porto il governo tra M5s e Carroccio, Salvini si mangerebbe la metà dei Cinquestelle e creerebbe un partito di stampo lepenista, il più a destra d’Europa”. E certo, Di Maio ha, almeno formalmente, annunciato la chiusura della trattativa con la Lega, ma sulla sincerità di quelle di quelle dichiarazioni rese dal leader pentastellato al termine del colloquio con Roberto Fico, De Masi è assai scettico: “Ho visto che Salvini non ha reagito in modo drastico a quella apparente chiusura”. E insomma, all’indomani delle elezioni in Friuli-Venzia Giulia, a fronte di un trionfo pieno della Lega, lo schema che sembrava archiviato verrebbe così recuperato. “D’altro canto – osserva il sociologo – noto che tutti i grandi giornali non di destra, da Repubblica al Corriere passando per La Stampa, continuano a spingere Di Maio tra le braccia di Salvini. Segno, evidentemente, di uno strano cupio dissolvi che sta assalendo un po’ tutti. Non ci si rende conto di cosa sarebbe un governo con la Lega...”. Cosa, per l’esattezza? De Masi risponde: “Salvini ha, come riferimento in tema di ordine e sicurezza, Mario Scelba. Ce lo vedete, voi, ministro dell’Interno?”.

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