Il patron di Eataly Oscar Farinetti (foto LaPresse)

Farinetti ci spiega ci spiega perché i 5 stelle vanno ascoltati

David Allegranti

La svolta del patron di Eataly: “Governo veloce, poi al voto”

Roma. “Ascoltare, sempre e comunque. Non comportarsi come fecero i 5 stelle con Bersani”. Oscar Farinetti, patron di Eataly, frequentatore in tempi non sospetti della Leopolda di Matteo Renzi, apre inaspettatamente – parlando con il Foglio – al confronto con i Cinque stelle. La notizia non è di poco conto e segnala la diversità di vedute all’interno del mondo renziano. Ieri, sempre sul Foglio, Giuliano da Empoli spiegava, al contrario, perché Pd e M5s sono assolutamente incompatibili. “Non credo sia possibile governare insieme per 5 anni, troppo diversi. Tuttavia – spiega Farinetti al Foglio – sembra che i 5 stelle abbiano compiuto una svolta epocale: dichiarano disponibilità al compromesso, a collaborare, a rinunciare a parte del proprio programma annunciato, a sentire le ragioni altrui. Comprendo bene le resistenze di chi si è sentito insultato e mandato a ‘quel paese’ per anni”. Tuttavia, dice Farinetti al Foglio, “occorre tenere conto della loro svolta. Purtroppo siamo reduci dal, secondo me, grave errore del referendum. Ora è tutto molto più complicato. I fatti di oggi dimostrano, sempre secondo me, che era meglio avere 300 parlamentari in meno, vincitori e vinti ben chiari, per non parlare di titolo quinto eccetera. Ma inutile rivangare il passato. Forse è possibile trovare il modo di fare una legge elettorale che eviti lo stallo. Proverei a buttare giù le 4 o 5 cose da fare di sicuro, di cui la prima una nuova legge elettorale, in 6/12 mesi. E poi si torna a votare con un sistema che assicuri la governabilità”.

     

“Inutile andare avanti così, troppa diversità tra la visione che le tre forze hanno del futuro. Peggio ancora sarebbe tornare a votare con questo sistema elettorale. Allungheremo troppo l’agonia”. E poi? “Infine ricominciamo a parlare di senso del dovere più che di diritti. Meno critiche, più aiuto. Ricominciamo da un linguaggio più moderato e rispettoso dei pensieri diversi”. Farinetti, non c’è il rischio che il riformismo del Pd si disperda in un eventuale governo così, ancorché a tempo? “Mi rendo conto che viviamo in un momento strano, dove le opinioni prevalgono sui fatti. Penso che il Pd abbia dimostrato il suo spirito riformista da Letta a Gentiloni, passando per Renzi. I fatti dimostrano che sono state fatte tante e buone riforme. Alcune potevano essere migliori, certo. Ma diciamo che il risultato complessivo è stato secondo me positivo, in quadro generale molto complicato. Tutto questo non è stato percepito o, diciamo meglio, mal spiegato. Non per questo bisogna rinunciare a occuparsi di fatti. Il gesto più sensato da compiere, secondo me, è mettere in condizione il Paese di essere governato. E ho spiegato prima la strada che vedo. A forza di comportarsi per il bene del Paese e non del proprio partito prima o poi il Pd sarà compreso. La vita è un film a lieto fine… con in mezzo tante sconfitte”. E a Renzi che consiglio dà? “Nessun consiglio personale, né a Renzi né ad altri. Non ne ho le competenze. Mi limito a ragionamenti generali per il bene dell'Italia, sempre dal mio punto di vista che non è detto sia quello giusto”.

    

Come convincere però la “base” del Pd a un dialogo del genere? “Più che parlare di base parlerei di quel 20 per cento di italiani che, tra Pd e Bonino, hanno riconosciuto il discreto lavoro degli ultimi 3 governi e risposto che serviva altro tempo per completare il programma. E’ gente di pensiero e linguaggio moderati. Una bella base di partenza per ripartire a convincere molti altri che il dubbio, la propensione al compromesso, l'impegno, il senso del dovere ci tireranno fuori dai problemi. Mentre la sfiducia, il pensare che tanto son tutti ladri, i separatismi ci porteranno alla rovina. Trovo che sarebbe molto originale fare una cosa normale: ascoltare, mediare e... rimboccarsi le maniche, tutti insieme. Questi valori sono secondo me nel Dna del Pd. Ma trovo tante persone di buon senso anche in altri schieramenti. Ieri (mercoledì, ndr) è stato il 25 aprile, abbiamo fatto una serie di ragionamenti su come rifondare il nostro antifascismo. I totalitaristi hanno in comune il pensare che la propria idea sia l'unica giusta. E con questo giustificano che qualsiasi gesto è valido per sopprimere le idee altrui. Rifondiamo il nostro antifascismo sul valore di ascoltare le idee degli altri e sulla disponibilità a cambiare idea. La forza dell'antifascismo è il dubbio è rifuggire le certezze e i giudizi lapidari. Saper gestire l’imperfezione e cercare sempre il compromesso”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.