Matteo Salvini (foto LaPresse)

Forza Italia boccia la Bongiorno al Senato. Ma Salvini ha sfondato

Salvatore Merlo

Gasparri: “Non subiremo prepotenze”. Schifani: “La Lega ci rispetti”. Intanto ad Arcore la famiglia pensa al ritiro del Cav.

Roma. “Mettiamola così. Il ‘Bongiorno’ si vede dal mattino. E se il Bongiorno è un atto di prepotenza da parte di Matteo Salvini nei nostri confronti evidentemente non si va lontano”, dice Maurizio Gasparri, nel giorno in cui i senatori cominciano lentamente a ripopolare Palazzo Madama, e mentre una voce precipita ad agitare i sospettosi rapporti interni al centrodestra: la candidatura leghista dell’avvocato Giulia Bongiorno alla presidenza del Senato. “Non discuto le qualità della Bongiorno”, dice allora Renato Schifani. “Ma la Lega non può pensare di prendere a pesci in faccia Forza Italia”. E Gasparri: “Vorrei ricordare a tutti che Berlusconi è vivo, esistente, e sta al 14 per cento. Mentre la Lega sta al 17. Non solo non siamo lontani, ma se qualcuno pensa di scippare quei voti tradendo Berlusconi, accoltellandolo alle spalle, fa un calcolo sbagliato. Salvini farebbe l’errore di Fini, di Alfano, di Fitto… Se vuoi la leadership devi fare dei sacrifici. Come li fece Berlusconi che diede Veneto, Lombardia e persino il Piemonte alla Lega che stava al 4 per cento mentre noi eravamo al 40”.

  

E in questa vicenda, che certo riguarda la presidenza del Senato, ma di più le ambizioni di Salvini, il suo corteggiamento obliquo con Luigi Di Maio, s’intrecciano i timori di Forza Italia, i sospetti di Berlusconi nei confronti di Salvini e un po’ anche i sospetti di Forza Italia nei confronti di Berlusconi. E infatti mentre il segretario della Lega discute con i Cinque stelle, manda avanti il suo Giancarlo Giorgetti e arriva a teorizzare – secondo il pissi pissi di palazzo – un accordo con Di Maio non per costituire un governo (rimarrebbe Gentiloni) ma per riformare la legge elettorale e introdurre un premio di maggioranza alla lista che consentirebbe a Salvini di assorbire Forza Italia, mentre insomma tutti parlano con tutti e danno vita a scenari probabili eppure ancora evanescenti, da Arcore precipita sui colonnelli di Forza Italia un’ipotesi per loro inquietante. Pare infatti che la famiglia Berlusconi prema sul Cavaliere per farlo progressivamente ritirare dalla politica, che lo amareggia e lo stanca. E questo ritiro progressivo, questa via d’uscita ordinata – e molto spesso evocata negli ultimi anni – dovrebbe passare da un passaggio dello scettro, un investitura sottoposta però a profonde rassicurazioni sulle aziende e la linea politica, l’incoronazione di Matteo Salvini che si farebbe garante della continuità e anche degli interessi di Berlusconi. Ma forse non degli interessi dei colonnelli, e del ceto politico del Cavaliere. Chissà. L’atmosfera è carica di diffidenza, d’incertezze e sospetti. E dietro ogni parola è legittimo vedere il balenio di uno specchietto allusivo.

  

Così, mentre Arcore, presidiata dall’onorevole e avvocato Niccolò Ghedini, tace, è la Lega a parlare, a esercitare una migliore capacità di spin politico. Il partito che fu nordista fa sapere che Salvini ieri ha fatto una “telefonata cordiale” a Berlusconi, e che i due si vedranno domani con Giorgia Meloni per discutere dei contatti avuti nell’ultima settimana con gli altri partiti. “Nello spirito di unità del centrodestra”. E questo avviene proprio mentre Salvini gongola per aver disinnescato con rapidità fulminea la minaccia un po’ scarica che il Cavaliere gli aveva opposto dopo averlo visto in effusioni con Di Maio: “Attento che se fai l’accordo con i Cinque stelle cadono anche le giunte regionali dove governiamo insieme”. Gli assessori e i consiglieri liguri di Forza Italia, dove i due partiti governano insieme, ma pure i coordinatori provinciali e quelli cittadini di Forza Italia, nella regione del forzista Giovanni Toti, si sono precipitati a smentire il il loro coordinatore Sandro Biasotti che quella ipotetica ritorsione l’aveva rilanciata con una intervista al Secolo XIX: “La giunta rimane in piedi qualsiasi cosa accada”. Non è sedizione, ma quasi.

  

Così si ritorna al punto di partenza, a Roma e alla presidenza del Senato, ai rapporti di forza e ai veri o presunti tentativi di prepotenza leghista. “La Bongiorno? Io lo dico anche a Salvini. Fu eletta con il Pdl per poi andare con Fini contro il Pdl. E da presidente della commissione Giustizia ci impedì le riforme, fece ostruzionismo su ogni nostra proposta d’intervento sulla giustizia. Poi è andata con Monti e persino con Passera”, dice Lucio Malan, senatore di Forza Italia. “E’ una specie di Boldrini di destra. Diciamo che sono perplesso”. E non è l’unico nel gruppo parlamentare, dove a microfoni spenti suggeriscono: “E che succede se noi poi non la votiamo?”. Un bel botto. A scrutinio segreto.

  

Ghedini ha fatto una pace separata con l’avvocato Bongiorno, che lo difese nel processo Ruby ter. E infatti la sponsorizza. Ma in Forza Italia in tanti dicono di essere affetti dalla sindrome dell’elefante. Quella della memoria. Della buona memoria. Vinceranno gli elefanti o Ghedini, che potrebbe essere anche il notaio, il garante della successione ordinata dal Cavaliere a Salvini?

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.