Luigi Di Maio alla Link University Campus con Vincenzo Scotti (a sinistra) e Piero Schiavazzi (a destra). Foto Fabio Cimaglia/LaPresse

5 stelle al centro

Marianna Rizzini

Dal web al Vaticano. Il percorso di accreditamento del M5s visto dall’ex dc Vincenzo Scotti

Roma. Nelle curve dell’inizio paludoso della legislatura ci si domanda dove guardino i Cinque stelle. Ma, specie nel momento in cui si cerca di capire quanto e come il candidato premier Luigi Di Maio stia cercando di rafforzare i rapporti con il Vaticano, non è indifferente il retropalco: a chi si sono rivolti, i Cinque stelle, nel percorso di accreditamento presso l’establishment, e nel tentativo di dotarsi di punti d’appoggio che avessero qualche connotato appetibile per i moderati da convincere, in vista di un eventuale approdo al governo? Ci sono stati i viaggi di Luigi Di Maio all’estero (Gran Bretagna e Stati Uniti soprattutto), c’è stato il convegno futuribile di Davide Casaleggio a Ivrea, c’è stata l’opera di avvicinamento ad ambienti non grillini da parte del neo-eletto (e prima capo delle Relazioni istituzionali di Di Maio) Vincenzo Spadafora, ma c’è stata anche la fase di ricerca della cosiddetta squadra, i ministri immaginati per il futuro governativo, e presentati da Di Maio in pompa magna in quel dell’Eur a due giorni dal voto.

 

E tra i ministri immaginati (rispettivamente per l’Interno, la Difesa e gli Esteri) c’erano Paola Giannetakis, Emanuela Del Re ed Elisabetta Trenta, tutte docenti passate per la Link Campus University, università fondata nel 1999 a Malta dall’ex ministro e parlamentare dc Vincenzo Scotti (la Link – che oggi ha sede a Roma – nel 2004, come scriveva Milano Finanza, è stata acquisita dal Cepu per il 51 per cento, per poi diventare, nel 2011, università non statale riconosciuta nell’ordinamento universitario italiano). “L’Università degli studi Link Campus University ha una forte impronta internazionale”, si legge sul sito dell’ateneo, “…ha l’obiettivo di fornire allo studente la preparazione e le competenze necessarie ad affrontare le sfide del mondo del lavoro, a partire dal metodo di studio: all’interno di tutti i corsi di laurea, attività didattica e di ricerca sono un tutt’uno”. Stile anglosassone, contatti di alcuni docenti con gli Stati Uniti: particolari che hanno fatto pensare che la scelta di Di Maio di recarsi alla Link per parlare del suo programma di politica estera fosse un passo in direzione del rafforzamento della rete M5s-Washington (anche se questo non cancella il contrappeso “russo”: proprio la Link, ha scritto Daniele Raineri su questo giornale, è stata uno dei luoghi di lavoro di Joseph Mifsud, professore maltese accusato dagli investigatori dell’Fbi di aver organizzato i primi contatti tra la Russia e l’entourage di Donald Trump in campagna elettorale. Il professore ha negato, per poi sparire, risultando irrintracciabile. Un anno fa, inoltre, aleggiava una possibile partnership tra la Link e l’università statale di Mosca Lomonosov – partnership poi non andata in porto. Ma la Link ha istituito un master con cinque professori russi su sette).

 

Sia come sia, la figura di Scotti sullo sfondo ha alimentato l’idea di un M5s alla ricerca di “punti di riferimento” al centro. E lui, Scotti, dopo aver detto al Corriere della Sera che l’ateneo “ha invitato tutti” (non soltanto Di Maio) e che i Cinque stelle hanno scelto docenti provenienti dalla Link perché la Link si occupa “di studi strategici, intelligence e sicurezza”, dice al Foglio: “Non sono un alleato del principe”. Dice che le università “devono e possono contribuire a formare la classe dirigente” e che la Link “è sede di ricerca, confronto e approfondimento, come si può vedere dal sito theglobaleye.blogspot.com”. Dalla storia dc, guardando l’oggi, Scotti riporterebbe in primo piano l’insegnamento di Alcide De Gasperi “che invitava a promettere meno per non deludere”. E ai partiti usciti dal voto consiglia realismo: “Bisogna accettare il cambiamento d’epoca. La politica non può restare ferma a schemi di 50 anni fa. Per questo cerco di capire senza preconcetti. Oggi anche dire ‘ricostruiamo la sinistra’ non è frase che possa essere detta nostalgicamente, da sopravvissuti, senza tenere conto del contesto”. Per Scotti i Cinque stelle non costituiscono un “pericolo”, tanto più che “il mutamento di fase è evidente”: “Da un lato stanno procedendo all’istituzionalizzazione del movimento, dall’altro sono figli del contesto. Non c’è più uno zoccolo duro ideologico a sinistra, non c’è più bipolarismo, l’elettorato si muove in base a un giudizio più epidermico”. Scotti invita chi andrà al governo a “tenere a mente il caso del giovane ex sindaco di Firenze Matteo Renzi che, parlando in Senato da premier, dice ‘questa è l’ultima volta che votate la fiducia al governo’ e poi però, visto il fallimento del referendum, si ritrova senatore semplice. Nemesi crudele, vendetta di Montezuma. Ancora una volta ricordo De Gasperi: se prometto di cambiare tutto – e poi non cambio tutto – perdo tutto”. Sul governo di là da venire Scotti auspica “che chi legittimamente mira a Palazzo Chigi sia poi in grado di governare a nome di tutto il paese”.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.