Foto LaPresse

Non esiste un solo programma economico dei partiti che sia costituzionale

Luciano Capone

I partiti non lo sanno ma tutti promettono di violare l’articolo 81 della Costituzione. Piccolo stress test

Roma. Questa campagna elettorale è incostituzionale. L’Agcom non può farci nulla, perché il contenuto dei programmi elettorali è una delle poche cose su cui non può interferire. La questione sarebbe di competenza della Corte costituzionale, ma la suprema corte può intervenire solo sulle leggi approvate e non sulle proposte. Sta di fatto che la violazione è grande e per adesso nessuno ha sollevato il problema: non si vedono appelli di Zagrebelsky e Libertà e Giustizia in difesa della Costituzione e neppure quei personaggi pittoreschi tipo il generale Pappalardo, il carabiniere in pensione che andava in giro con i suoi forconi ad “arrestare” i parlamentari “abusivi”. Il fatto è che le promesse dei partiti che quotidianamente vengono diffuse sui giornali e nei talk-show sono una deliberata infrazione della Costituzione, specificamente dell’articolo 81. Né chi voleva riformarla senza toccare l’art. 81, né chi nel referendum l’ha difesa così com’è, art. 81 incluso, denuncia la violazione della “più bella del mondo”. Il suo art. 81 recita: “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico”. E’ il “pareggio di bilancio”.

 

Non solo nessun partito si impegna a volerlo rispettare, ma tutti dichiarano di volerlo violare. Il Pd punta a mantenere un deficit costante, poco sotto al 2 per cento, ma il segretario Matteo Renzi vorrebbe alzare il disavanzo al 2,9 per cento per i prossimi 5 anni. Forza Italia ha ampi progetti di spesa e tagli di tasse senza coperture. Il M5s vuole battere Renzi in deficit, Luigi Di Maio propone di “sforare il 3 per cento”. Stessa linea per Liberi e uguali. E anche per la Lega, che anzi ha già messo la freccia per superare tutti in indebitamento e annunciando una specie di “whatever it takes” del disavanzo.

 

C’è da dire che l’articolo 81, da quando è stato approvato quasi all'unanimità dal Parlamento nel 2012, e in particolare da quando è entrato in vigore nel gennaio 2014, non è mai stato rispettato. Non c’è stato un anno in cui l’Italia abbia raggiunto il pareggio di bilancio. E questo anche per i margini di flessibilità contenuti nel testo, che suggerisce di tenere conto “delle fasi avverse del ciclo economico” e che quindi consente di derogare dalla regola generale dell’equilibrio di bilancio facendo ricorso all’indebitamento, ma “al verificarsi di eventi eccezionali”. Naturalmente questa scappatoia è stata sfruttata in abbondanza: dal 2014 il pareggio di bilancio è sempre stato spostato all’anno successivo. Ogni anno c’è stato un “evento eccezionale”, interno o esterno, dal terremoto alla questione dei migranti, in ogni caso sempre imprevisto e straordinario, che ha impedito il raggiungimento dell’equilibrio tra entrate e uscite, sempre rinviato all’anno successivo. Nella convinzione che un altro “evento eccezionale” sarebbe sicuramente arrivato, o comunque sarebbe stato trovato. Parallelamente l’Italia è riuscita anche lungo il sentiero stretto europeo a dare un calcio alla lattina del pareggio strutturale di bilancio, ottenendo da Bruxelles margini di flessibilità per riforme, investimenti o imprevisti.

 

L’Italia, con giustificazioni più o meno valide, a causa di eventi più o meno eccezionali, è sempre riuscita a svicolare dai suoi obblighi costituzionali, ma formalmente non ha mai dichiarato di non volerli rispettare. Sarà che come diceva La Rochefoucauld “l’ipocrisia è l’ omaggio che il vizio rende alla virtù”, ma in ogni votazione parlamentare e in ogni documento ufficiale i governi hanno sempre dichiarato di voler rispettare il principio, alla base di accordi europei, e la norma costituzionale. Nel Def c’è scritto che il governo “continua a puntare al sostanziale conseguimento del pareggio di bilancio” che di sicuro arriverà nell’anno del Signore “2020, sia in termini nominali, sia strutturali”. E’ vero che ogni anno i governi sono riusciti a rimandare l’obiettivo, ma adesso le scuse sembrano davvero finite: il ciclo economico non è affatto “avverso”, anzi la crescita è buona e superiore al previsto.

 

La propaganda dei partiti anti sistema è tutta concentrata contro il Fiscal compact e contro i “vincoli di Bruxelles”, dimenticando di dire che l’articolo 81 della nostra Costituzione è addirittura più stringente delle norme europee. I partiti che non vogliono rispettarlo dovrebbero avere l’onestà di modificare prima la Costituzione e poi realizzare i propri programmi. Quando la Lega fa inserire, al punto tre del programma del centrodestra, la “Prevalenza della nostra Costituzione sul diritto comunitario” dimentica che è la nostra Costituzione che ci obbliga al pareggio di bilancio prima delle norme europee.

 

Questo esercizio politico e mentale sulle nostre norme e sulla salute dei nostri conti è anche un esercizio di responsabilità, dovrebbe servire a ricordarci che se ci indebitiamo di più il conto non lo paga qualcun altro.

Di più su questi argomenti:
  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali