LaPresse/Fabio Cimaglia

Pera ci spiega perché Berlusconi spera di non governare con Salvini

David Allegranti

Al Cav. stravincere non conviene "perché dovrebbe governare con chi lo vuole politicamente morto"

Roma. Divisi sulle missioni all’estero. Divisi sull’immigrazione. Divisi sull’euro, sull’Europa e via dividendo. Ma questo centrodestra come può arrivare indenne al 4 marzo? Risponde Marcello Pera: “Il centrodestra è elettoralmente aggregato ma non politicamente unito. E dal punto di vista solo elettorale funziona, almeno per ora, come già accaduto in passato”. Al Cav. tutto sommato – dice il senatore al Foglio – stravincere non conviene. “Anche perché poi deve governare con la Lega. Io non credo che Berlusconi aspiri a un centrodestra autosufficiente, anche se lavora duro per avere il partito più grande della coalizione. Per lui sarebbe una tragedia e dall’Europa gliel’hanno già detto. Arriverebbero altre lettere come quella famosa giunta a suo tempo. Per questo credo che il suo obiettivo non sia l’autosufficienza; sarebbe una conseguenza non voluta. Berlusconi sogna un altro tipo di maggioranza, come quella che lui e Renzi avevano messo in piedi con il patto del Nazareno; e se riescono a rifarlo, per favore, stavolta lo mantengano e lo portino fino in fondo. Quello è il suo sogno ed è anche l’interesse dell’Europa.  Se però il centrodestra elettoralmente funziona troppo, questo sogno cade: poi a Berlusconi tocca governare con Salvini. Invece un centrodestra non autosufficiente sarebbe l’occasione per rompere la coalizione. A quel punto, peraltro, basterebbe guardarsi intorno: i responsabili nascerebbero come funghi, anche tramite figure come quella di Roberto Maroni”. Insomma, dice Pera, “l’autosufficienza è una tragedia per Berlusconi, perché dovrebbe governare con due persone che lo vogliono politicamente morto, cioè Salvini e Meloni”.

   

E’ anche comprensibile, aggiunge il filosofo-senatore. “Hanno 40 anni, si giocano il loro futuro, se perdono questa occasione chissà quando ricapiterà. Dunque, non gli faranno sconti. Lo vogliono indebolire, lo legheranno. Salvini si è preso Giulia Bongiorno, che potrebbe anche far parte dell’esecutivo, e così, come se non bastasse Ghedini, Berlusconi non potrà neanche pensare ad una riforma della giustizia”. Berlusconi ha detto che Salvini potrebbe essere un ottimo ministro dell’Interno. “E’ un tentativo per tenerlo buono, ma Salvini non starà buono. E’ nella logica dello scontro generazionale: ha bisogno dello scalpo di Berlusconi. Non siamo più nel 1994, il Cavaliere è più debole. Vent’anni fa era un sessantenne che se la giocava, oggi è un ottantenne che se la gioca con i quarantenni impazienti”. Quarantenni con cui peraltro non c’è sintonia politico-culturale, oltre che personale. “Non hanno programmi comuni, non hanno idee comuni, non hanno prospettive comuni. Non sono d’accordo sull’Europa, sull’immigrazione, sulle tasse, sulle pensioni. Berlusconi sa che la riforma Fornero non si può toccare, mentre gli altri ne hanno fatto una bandiera. Sulle cose importanti – che non sono le dentiere, le panciere o le ginocchiere – non c’è una visione condivisa. E perciò Berlusconi è diventato il beniamino dell’Europa, quella stessa che prima lo aveva distrutto. Non essendoci in Italia un altro Macron, a Bruxelles e Berlino si affidano a lui. E lui presumibilmente vincerà”. Ma secondo Pera non potrebbe essere Carlo Calenda il Macron italiano? “C’è una differenza notevole. Uno si è candidato alla guida della Francia, l’altro non si candida a nulla. Calenda potrebbe essere il presidente del Consiglio di un governo Renzi-Berlusconi. Come Paolo Gentiloni. Ma per arrivare a quell’esecutivo, c’è bisogno prima che si spezzi il centrodestra”. Renzi invece a Palazzo Chigi ce lo rivede? “No, non ce lo vedo. E per un bel po’ di tempo. Se perde, gli resta di raccogliere i cocci e costruirci un suo partito. La tragedia della riforma costituzionale mancata ha generato una controriforma, un tipico caso da manuale. Se il patto del Nazareno fosse durato, se la riforma costituzionale fosse stata fatta meglio e se ci fosse  stata la legge elettorale già approvata, oggi non ci troveremmo in questa situazione. Questi due, Renzi e Berlusconi, hanno avuto l’occasione storica per modificare la costituzione e avere un sistema politico stabile, ma se la sono fatta scappare. E questa è una tragedia. Ora la costituzione non la toccherà nessuno per i prossimi trent’anni. Potrò dire d’aver visto tre rivoluzioni liberali di Berlusconi, ma non una sola riforma organica della costituzione!”. 

   

Il problema del centrodestra, osserva Pera, è che Forza Italia non è mai stato un partito. “C’è sempre stato solo Berlusconi, con i suoi fan, quindi non c’è mai stata una riflessione collettiva da classe dirigente. Ancora oggi la differenza si riduce a chi ha l’accesso telefonico e chi non ce l’ha, a chi ha l’agenda e chi non ce l’ha. Ma così non si fa la classe dirigente, si fanno parlamentari eletti, magari ministri, che è un’altra cosa. E il risultato è una terza rivoluzione liberale con la prospettiva di avere lo stesso risultato delle altre due, cioè poco”. Ma perché nonostante tutto Berlusconi è ancora così centrale nel dibattito pubblico e nel centrodestra? “Visto dall’Europa, fino a un anno e mezzo fa era scomparso. Ma poi sono comparsi attori che hanno impaurito mezzo mondo, come Salvini e Di Maio, e il realismo politico ha prevalso. Non c’è stato qualcosa di positivo fatto da Berlusconi negli ultimi due anni tale da meritarsi questa centralità. I consensi gli sono arrivati perché lui è rimasto fermo e i vecchi elettori di Forza Italia si trovano a scegliere fra lui e Di Maio.  Insomma, ha consenso perché gli è nato accanto Di Maio”. Lei che ne pensa di Luigi Di Maio? “Non ne penso bene, anche se i Cinque stelle – mi riferisco a quel che vedo qui a Lucca – hanno evitato una deriva della protesta che sarebbe stata di gran lunga peggiore. Se ci fosse CasaPound sarebbero guai e quindi se Di Maio mette a tacere CasaPound un merito ce l’ha. Non dipende da lui ma è così. Certamente non lo seguo politicamente, ma non lo irrido né lo demonizzo. C’è qualcosa che evidentemente gli dà consenso, proprio perché chi dà consenso a lui non ha più fiducia negli altri. Anche Di Maio insomma è il risultato della crisi degli altri. Anche lui può ringraziare Renzi e Berlusconi”.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.