Piero Grasso (foto LaPresse)

“Grasso capo politico della sinistra mi fa venire l'orticaria”

David Allegranti

Il direttore della rivista dalemiana ItalianiEuropei, Giuseppe Caldarola, spiega perché quello guidato dal presidente del Senato “è un Pd bonsai un po’ più di sinistra”

Dice Peppino Caldarola, da poche settimane direttore della rivista dalemiana ItalianiEuropei e titolare di una rubrica quotidiana su Lettera43.it, che Pietro Grasso come persona non si discute, “ha la mia stima anche se non profonda”. Il punto, aggiunge parlando con il Foglio, è che “avere come capo politico della sinistra un magistrato mi fa venire l’orticaria, perché c’è ancora da smaltire tutto un pregresso, cioè l’accusa di giustizialismo che pende sulla sinistra ex comunista. Un’accusa abbastanza fondata”, aggiunge l’ex direttore dell’Unità, anche se, certo, “bisogna distinguere”. Ci sono persone che hanno praticato il giustizialismo e altre “che hanno capito che era sbagliato”. Grasso insomma è persona degna, “ma come capo politico io intendo altro. Avevo immaginato che la fuoriuscita dal Pd di questi compagni fosse frutto della seguente elaborazione: è finita la stagione del centrosinistra, comunque la si giudichi, rimettiamo il trattino all’alleanza sinistra-centro”. Laddove c’è una sinistra “che si allea, sulla base di un programma, con una forza di altro orientamento”, come appunto il Pd.

 

Questo schieramento Caldarola se lo immaginava così, contaminato “dalla cultura socialista, quella che ha dato vita al primo centro-sinistra con Riccardo Lombardi e Giacomo Brodolini”. Una cultura politica che “ha trasformato il paese non con delle riformette ma cambiando il senso comune dei cittadini. In questo senso Jeremy Corbyn e Bernie Sanders potevano essere non dei modelli ma degli amici, degli alleati”. Ecco, Pietro Grasso, dice Caldarola, non c’entra nulla con i Giorgio Amendola e i Bruno Trentin. Il presidente del Senato, scelto peraltro senza primarie ma per incoronazione, è in rassicurante continuità con “il modello di partito pigliatutto cui si ispira Liberi e Uguali”, che nonostante tutto, “io voterò”. “Con Grasso nasce un Pd bonsai un po’ più di sinistra”.

 

“Grasso – argomenta Caldarola – è ‘il dove eravamo rimasti’” dopo la scissione dal Pd. E con gli “heri dicebamus” non si va da nessuna parte. Serve invece un partito, “da Lombardi a Corbyn”, fuori dai tatticismi, in grado di fare “riforme che da sinistra cambino l’assetto del paese”. Così sarebbe potuta nascere l’alleanza sinistra-centro. Invece, “lo schema di partito pigliatutto, rappresentato da uomo delle istituzioni, per giunta magistrato, ricalca il modello del Pd bonsai. E questo schema ha di fronte a sé la prospettiva di unità nazionale. Anche perché il giorno dopo le elezioni che fai? Non è un partito, questo, che può permettersi anni di opposizione, non nasce con quel profilo lì, ma conta semmai sul tracollo del Pd in modo che Renzi venga accantonato, per fare esattamente il centrosinistra di prima. E a questo punto le differenze le capisco meno, quindi dico a sinistra e Pd: è inutile che stiate a perdere tempo a litigare, trovate forme di coabitazione”. Il tipo di formula politica scelta prevede “infatti un contenzioso con il Pd, non l’alternativa. Dunque eliminate i punti dolorosi, trovate un minimo comune, non fatevi del male l’uno con l’altro nei collegi”.

 

Mettetevi d’accordo, fate i bravi, dice l’ex deputato. Anche perché questi partiti si assomigliano tutti, sono tutti uguali, dal Pd alle varie anime della sinistra: “In ogni manifestazione c’è l’operaio, l’uomo di colore, la donna e ogni partito ha il suo operaio, il suo uomo di colore, la sua donna. Una rottura di coglioni senza precedenti”. Riassumendo: “Ho 72 anni – scandisce Caldarola – e me ne sbatto di tutto: posso essere maleducato ma anche beneducato. Quindi da beneducato dico: Grasso va bene come persona, non va bene come magistrato che dirige un partito politico”. Anche perché “qual è il profilo di questo partito? Grasso dice che è la Costituzione, ma in nessun paese al mondo il profilo di un partito è la Costituzione. Quindi gli avversari chi sarebbero? Quelli che la attaccano?”. Calderola si sarebbe rivolto altrove. “Io sarei andato da Landini e avrei detto: ‘Maurizio, forse urli troppo in televisione, però hai la faccia di quelli che vogliamo rappresentare. Non avrai il profilo dell’uomo di Stato, però hai il profilo del cittadino-lavoratore’”. E Grasso? “Io lo avrei voluto in tutti i ruoli apicali delle istituzioni. Ma il capo del partito... deve essere de sinistra! E’ come se Adriano Ossicini fosse diventato segretario del Pci al posto di Enrico Berlinguer”. Pare possibile? No, dice Caldarola, a meno di non considerare un errore pure la scelta di Berlinguer come capo partito.
Detto questo, il partito-lista Calderola lo vota anche se forse non ne scriverà più, o ne scriverà di meno per non disturbare troppo. Intanto nota che “elegantemente all’assemblea in cui hanno eletto Grasso non mi hanno invitato. E io, da uomo di sinistra, me ne sto appartato, osservo e dico che questo partito lo voto ma continuo a pensare che non mi piace. Che ci posso fare: piace a tutti tranne che a me”.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.