Democrito e Eraclito, Rubens (1603)

Piccolo ripasso di arte per Tomaso Montanari

Giuliano Ferrara

Il politico wannabe che non ha studiato e a cui manca una emme decisiva usa Caravaggio per vincere il primo premio nella corsa ad attaccare la Boschi 

L’ambizioso aspira a un’immagine illusoria del proprio valore interiore, suggeriva Platone pensando a Tomaso Montanari, storico dell’arte a tempo perso (e tutti a dire: ma è un grande studioso del Bernini!) e politico a tempo pieno della truppa della sinistra civile del Brancaccio (e tutti a dire: ma non ci capisce niente!). A Tomaso manca una emme decisiva per molte ragioni: dettato così, c’è il sospetto che il suo nome di battesimo sia una specie di prototipo dei Kevin d’oggi, eppoi la dizione lo allontana da Tommaso il bue muto, quello che veniva da Aquino i cui muggiti si sono sentiti da un estremo all’altro della terra, a parte la Sassonia-Anhalt che lo scomunicò come filosofo scolastico per bocca di Lutero.

   

Come Grillo si è stufato di fare il comico da botteghino, Tomaso si è stufato degli studi, vuole fare il deputato o il senatore. Auguri. Ma per arrivarci, invece di studiare umilmente la politica, posa da eroe, eroe dell’indignazione, artistica incarnazione nemmeno tanto barocca, direi piuttosto piatta, con il volume che predomina sul segno, del politico wannabe, una specie di Trumpetto de noantri. Ha preso un quadro di Caravaggio, che originalità, per dire che la Boschi è una zingara che ruba e Pisapia, lo sventurato rispose, un attempato san Giuseppe che sposa la vergine incinta per nascondere lo scandalo, altro quadro dell’ignaro Caravaggio, un bandito da niente per quelli come Tommaso, un predecessore di Carminati. Questo giudizio sciocco, blasfemo, narcisista, ambizioso troppo e molto sessista Tomaso lo ha pronunciato in un’intervista del Fatto, in tutti i sensi, quotidiano. Gli ha dato per un giorno lo spinello culturale. Sarà ripreso da Radiotre, non c’è dubbio su questo. Ma alla radio non si può mostrare il quadro o dittico in cui Rubens rappresenta, ve lo mostriamo noi, Democrito e Eraclito. Democrito è quello che vedete a sinistra, one of us, uno che ride delle cose del mondo e le conosce, Eraclito è il ritratto di Tomaso, un introverso che si palleggia le virtù della sua anima gialla, itterica, e finisce nell’ombra della malinconia più tetra. Alla zingara com’è noto aveva pensato il Botticelli. Resta da vedere per Bernini, ma questo ce lo spiegherà l’accademico, lo studioso Montanari imprestato alla politica moraleggiante e isterica. Uno che scambia un gesto di cortesia per un programma politico-morale, e si lamenta con Pisapia perché invece di telefonargli, e testimoniare così a favore del suo valore interiore con un bel gesto esteriore, gli ha mandato Gad Lerner, onta francamente insopportabile per Tomaso.

   

Lo sport di attaccare la Boschi si è presentato da subito come il più lutulento esercizio di malevolenza possibile, ed è stato reso possibile non dai cazzi di babbo Boschi a Banca Etruria, non dalla riforma costituzionale bocciata dagli italiani fessi, quorum egli medesimo il Tomaso, non dai pettegolezzi di de Bortoli con la di minuscola, ma dalla irrisolta caratteristica psico-sessuale degli italiani mediocri, che dietro a una bella donna vedono e non possono non vedere l’incarnazione del male, inteso come sesso parlato, mal praticato, rinnegato. Tomaso ha deciso di prendersi il primo premio in questa corsa, glielo conferiamo con le nostre congratulazioni. Lo merita.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.