Manifestazione del Pd a piazza del Popolo (Foto LaPresse)

Nel Partito democratico va in scena il valzer della scissione

Redazione

Renzi sfida la minoranza: "Non potete aver paura del congresso". Emiliano, Rossi e Speranza replicano: "Ormai è un partito personale". Ma domenica saranno tutti in assemblea 

La scissione? A noi, anzi a voi. Sono passati appena due giorni dalla Direzione del Pd che ha deciso di avviare l'iter congressuale così come richiesto dal segretario Matteo Renzi. E nella migliore tradizione democratica le forze in campo continuano a rimpallarsi la responsabilità di un'eventuale scissione. Per l'ex premier è la minoranza che continua a perseguire la strategia di una "scissione sulla data del congresso". Per la minoranza è invece Renzi che con il suo atteggiamento autoritario sta di fatto espellendo una fetta del partito. 

 

Almeno per ora, comunque, la scissione non c'è. Anzi l'impressione è che, nonostante le continue polemiche, le varie correnti si stiano già organizzando per affrontare la battaglia congressuale. Michele Emiliano, Roberto Speranza e Enrico Rossi, raduneranno le loro "truppe" sabato a Roma, al Teatro Vittoria (560 posti seduti). "L'esito della Direzione - spiegano in una nota comune - è stato profondamente deludente e ha sancito la trasformazione del Partito Democratico nel Partito di Renzi,
un partito personale e leaderistico che stravolge l'impianto identitario del PD e il suo pluralismo. Abbiamo chiesto un impegno preciso: il sostegno al governo sino alla sua scadenza naturale, un congresso senza forzature e preceduto da una conferenza programmatica nella quale ritrovare l'unità, ma siamo stati inascoltati. Per questa ragione, sabato mattina, saremo tutti assieme al Teatro Vittoria, con l'obiettivo di costruire un'azione politica comune, per rivolgere un appello a tutti i nostri militanti ed attivisti e per impedire una deriva dagli sviluppi irreparabili".

 

In ogni caso, assicura Emiliano, nonostante l'incontro di sabato, domenica saranno all'Assemblea. Anche perché, spiega il governatore pugliese, è Renzi che sta portando avanti la scissione: "Evidentemente a Renzi la scissione conviene ed è quello che sta facendo. La scissione non conviene al Paese ma se Renzi costruisce le ragioni per espellere una parte consistente del partito è evidente che la convivenza è impossibile. Noi domenica ci saremo e rispetteremo la convocazione dell'assemblea nazionale".

 

Su tutt'altra linea, ovviamente, il segretario. Che nella sua eNews rilancia la sfida alla minoranza. Per Renzi tutto il percorso compiuto dalla sconfitta del referendum ad oggi è il frutto delle richieste di chi oggi lo contesta. Da ultimo, sottolinea, Massimo D'Alema che, scrive, è l'autore dell'ultimatum "o congresso o scissione". "Mi domando - prosegue l'ex premier - come sia possibile fare una scissione sulla data di convocazione del congresso e non sulle idee. Ma no è la prima volta che alcuni compagni di partito cercano ogni pretesto per alimentare tensioni interne. E io voglio togliere ogni alibi. E anche se il grido 'congresso o scissione' sembra un ricatto morale, accettiamo di nuovo il congresso"

 

"In un partito democratico - aggiunge - il congresso (con primarie) non è una parolaccia, ma il luogo in cui decidono iscritti e simpatizzanti. È inspiegabile far parte di un partito che si chiama democratico e avere paura della democrazia". E per far meglio capire che non ha alcuna intenzione di fare passi indietro, Renzi fissa già una data: dal 10 al 12 marzo al Lingotto di Torino "con gli amici che sosterranno la mozione congressuale". Insomma, il segretario è già pronto e gli sfidanti?

 

Per ora l'unico in campo è Emiliano anche se il governatore è consapevole che la minoranza dovrà correre compatta con una candidatura unitaria. Sarà lui? Roberto Speranza? Enrico Rossi? In realtà l'unico in grado di poter tenere insieme tutti sembra essere il ministro della Giustizia Andrea Orlando. Che dopo aver criticato la linea di Renzi durante la Direzione, oggi spiega: "Renzi ha le energie e le capacità di guidare questo passaggio e guidare questo partito. Non ho mai detto che il tema sia Renzi. Io lavorerò fino all'ultimo perché le parti si possano parlare". E chiede a Bersani di smettere di parlare di scissione perché questo "non fa fare dei passi avanti...". Insomma, con tutta probabilità non sarà Orlando a sfidare Renzi alle primarie. Anche perché questo provocherebbe una spaccatura della sua componente visto che Matteo Orfini è schierato con il segretario. Come sempre, sotto il cielo del Pd, la confusione è grande.