Beppe Grillo e Davide Casaleggio (foto LaPresse)

Un cordone sanitario per la Raggi

Redazione

Il piano M5s per Roma. Grillo e Casaleggio aspettano solo i giudici

Roma. E’ in un clima di attesa a tratti psicotica che il Movimento 5 stelle in queste ore prova a immaginare il rilancio di Virginia Raggi e della sua giunta fragile e ammaccata. Sono pronti degli innesti, saranno ridimensionate delle deleghe (bilancio e urbanistica, forse la scuola) e intorno alla signora Raggi sarà sempre più evidente la presenza di un cordone sanitario, l’ultimo tentativo di recuperare il controllo d’una situazione che è sfuggita di mano ai dioscuri del Movimento, cioè a Beppe Grillo (“Virginia, dimmi che devo fare con te?”) e a Davide Casaleggio. E’ questione di pochi giorni, forse di ore, la decisione del tribunale di Roma, che dovrà stabilire l’ammissibilità dell’ormai famoso ricorso presentato dall’avvocato Venerando Monello contro la candidatura di Raggi alle elezioni dello scorso giugno. Ed è questione di giorni anche la decisione della procura della Repubblica: Raggi sarà o no indagata per abuso d’ufficio, come ripetono fonti del M5s e anche fonti giudiziarie? Il rimpasto ci sarà, ma solo dopo queste scadenze. E solo dopo la travagliatissima approvazione in assemblea capitolina, entro fine mese, della manovra economica – sulla quale si è già espresso non favorevolmente l’organo di revisione economico-finanziaria del comune. E’ l’ultimo tentativo. Poi Grillo e Casaleggio potrebbero anche decidere di ascoltare gli avversari della Raggi, che sono disposti a scaricarla.

D’altra parte la sindaca di Roma, da ieri, è ufficialmente penultima, secondo il Sole 24 Ore, nella classifica di gradimento degli amministratori comunali d’Italia. La certificazione di uno stato di disgrazia del quale i capi supremi del M5s sono al corrente da tempo. Ed è per questo che nell’asse tra Roma, Genova e Milano, sono cominciate – con casting, telefonate e un lavoro di selezione per curriculum, fedeltà e amicizia – le prove generali di un rimpasto pilotato, “adesso va fatto quello che andava fatto subito”, raccontano al Foglio, “va costruita una squadra che risponda al Movimento”. L’operazione è stata sviscerata a lungo nelle ultime settimane. I deputati Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro sono già arrivati in soccorso e l’intervento, tutt’altro che chirurgico, dovrebbe riguardare gli assessorati all’Urbanistica e Lavori pubblici, al Bilancio e al Patrimonio, e probabilmente anche l’assessorato ai Servizi sociali e alla Scuola. Ma l’attesa, si diceva, si consuma in un clima a tratti psicotico. Con i consiglieri comunali, i volti più noti del Movimento, che si osservano l’un l’altro, si studiano, forse si spiano, si esercitano nella ginnastica della delazione: tutti parlano male di tutti, e tutti si lamentano con Grillo e Casaleggio.

La difesa giudiziaria della Raggi, ufficialmente, è granitica. Ma che succederebbe all’interno di un Movimento dove i coltelli veri e metaforici balenano nell’ombra, se la sindaca dovesse essere indagata? E che succederebbe se dalla procura – finora straordinariamente rispettosa, in controtendenza con la tradizione italiana – dovessero filtrare i famosi “omissis” delle conversazioni tra la Raggi, il suo vice Davide Frongia e Raffaele Marra, cioè quei dettagli dell’inchiesta che, non penalmente rilevanti, secondo i nemici della sindaco sono invece estremamente imbarazzanti sotto il profilo politico? I nemici della sindaco spargono veleno a piene mani, diffondono propalazioni probabilmente false, certo verosimili: “Ci sono giudizi definitivi su Beppe e Davide”, “ci sono le prove della sudditanza della Raggi nei confronti di Marra. Altro che ‘uno dei ventimila dipendenti del comune’”. Chissà. 

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