Virginia Raggi in Campidoglio

Perché Raggi è indagata a Roma per abuso d'ufficio e falso

David Allegranti

La nomina di Marra, le capriole grilline, il futuro del M5s

Roma. Alla fine il grillismo “de Roma” finisce in procura: la sindaca Virginia Raggi è indagata per abuso d’ufficio e falso, nell’inchiesta sulla nomina di Renato Marra, fratello del più noto Raffaele, a capo del dipartimento turismo del Campidoglio. Nomina che poi era stata revocata. Da settimane la notizia dell’indagine su Raggi era attesa ed era stata preparata da Beppe Grillo con sapienza e paraculismo, attraverso cavilli regolamentari interni e distrazioni mediatiche, come il comunicato di ieri sul Sacro blog in cui si ordinano nuove disposizioni sulla comunicazione (tutti i “portavoce” devono coordinare i loro interventi, di qualunque tipo, persino i tweet, con Rocco Casalino e soci).

Dopo aver passato anni a dire che la politica ladrona truffa e deruba i cittadini, creando i presupposti dunque per una autentica società del sospetto, nelle settimane scorse i Cinque stelle avevano adottato un “codice di comportamento in caso di coinvolgimento in vicende giudiziarie”. C’era chi aveva gridato, entusiasta, alla svolta garantista, ma in realtà era solo fumo negli occhi: i grillini stavano preparando il terreno nell’attesa di questo momento, solo per proteggersi dalle proprie contraddizioni. “La ricezione, da parte del portavoce, di ‘informazioni di garanzia’ o di un ‘avviso di conclusione delle indagini’ non comporta alcuna automatica valutazione di gravità dei comportamenti potenzialmente tenuti dal portavoce stesso”, si legge nel codice, in cui peraltro si spiega che i portavoce hanno l’obbligo “di informare immediatamente e senza indugio il gestore del sito, dell’esistenza di procedimenti penali in corso nei quali assumono la qualità di indagato o imputato”. Se quel regolamento fosse stato già in vigore a suo tempo, l’ex assessora Paola Muraro forse sarebbe ancora al suo posto. Se il regolamento “fosse uscito prima e se la situazione fosse stata affrontata nel modo dovuto forse non avrei dato le mie dimissioni”, spiegò l’ex assessora dopo la votazione del regolamento.

 

“Ho informato Beppe Grillo e adempiuto al dovere di informazione previsto dal Codice di comportamento del MoVimento 5 Stelle”, scrive Raggi su Facebook. “Ho avvisato i consiglieri di maggioranza e i membri della giunta e, nella massima trasparenza che contraddistingue l’operato del M5S, ora avviso tutti i cittadini. Sono molto serena, ho completa fiducia nella magistratura, come sempre. Siamo pronti a dare ogni chiarimento”. La sindaca dovrebbe essere ascoltata dai magistrati la prossima settimana. Se fosse accaduto a un sindaco del Pd, Luigi Di Maio sarebbe stato già in prima fila con puntuti hashtag a chiedere le dimissioni dell’indagato di turno. In un’intervista alla Stampa, alla domanda: basta essere indagato per non potersi più candidare, il vicepresidente della Camera  rispose così: “Dipende dal tipo di reato. Se sei indagato per abuso d’ufficio, sì… E’ un reato grave. Se sei indagato stai fermo un giro”. Il M5s, dopo anni di retorica sulla diversità antropologica e dopo aver irrorato la politica italiana di manettarismo, si ritrova con il sindaco della Capitale indagato. Il combinato disposto di improvvisazione politica, nuovismo senza competenze e doppiopesismo ha prodotto il nuovo governo romano a Cinque Stelle.

 

“La nostra Costituzione prevede che tutti i cittadini siano innocenti fino a sentenza passata in giudicato. E questo vale per tutti, a qualunque partito appartengano. Invito dunque tutto il Pd a rispettare la presunzione di innocenza e non rincorrere le polemiche. Non cerchiamo scorciatoie giudiziarie, non cediamo all’odio per l’avversario, non attacchiamo Virginia Raggi oggi”, dice Matteo Renzi, che richiama all’ordine i suoi, evidentemente scatenati. “In altri tempi il M5S avrebbe chiesto le dimissioni del sindaco Raggi. Ora quasi per magia sono diventati garantisti. Sono coincidenze a 5 stelle”, dice il senatore renziano Andrea Marcucci.  “La sindaca di Roma, Virginia Raggi, indagata? Finché sarà in atto un processo dobbiamo essere seri e garantisti”, aggiunge Vincenzo De Luca. Quella nei confronti di Raggi, dice Roberto Speranza, “è una iniziativa legittima della magistratura e come tale va rispettata: i Cinque Stelle dovrebbero stare un po’ più attenti quando queste cose capitano agli altri partiti. Io sono garantista, non basta un invito a comparire per esprimere giudizi. Ma certo non si può più dire che si fa finta di nulla quando arriva a un sindaco. Cinque Stelle non abbiano più due pesi e due misure. Il garantismo di Beppe Grillo è a corrente alternata. E’ garantismo solo quando conviene”.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.