Virginia Raggi (foto LaPresse)

A ricorso rigettato, e dopo la “svolta garantista”, Raggi ha un problema di omissis

Marianna Rizzini

Il caso Marra e quegli stralci di conversazioni private – intercettate dalla procura – e molto correttamente secretate dagli stessi inquirenti

Virginia Raggi non ha più il problema del contratto firmato con il M5s: il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso. E non ha, di fatto, neanche più il problema dell’avviso di garanzia che potrebbe arrivare: il Codice di comportamento del M5s “in caso di coinvolgimento in vicende giudiziarie”, che Beppe Grillo ha fatto votare on-line, “non comporta alcuna automatica valutazione di gravità dei comportamenti potenzialmente tenuti dal portavoce”. Ma la signora Raggi ha un’altra grana incombente, forse più grave: gli omissis a margine del caso Marra, quegli stralci di conversazioni private – intercettate dalla procura – e molto correttamente secretate dagli stessi inquirenti. Omissis che Raffaele Marra, dal carcere, chiede siano desecretati, in modo che tutti possano leggere le chat tra lui, Virginia Raggi, Daniele Frongia e Salvatore Romeo, il cosiddetto “cerchio magico” della sindaca di Roma. Omissis in cui l’ex capo del Personale, Marra, dicono non appaia affatto come uno qualsiasi tra “i 23 mila dipendenti del Campidoglio”, come Raggi l’aveva definito inizialmente. Omissis che hanno già avuto effetti sulla vita (pubblica e privata) dei protagonisti, in particolare per Frongia, assessore ed ex vicesindaco, nonostante il mistero in cui sono immersi e la cautela della Procura (fosse sempre così – che profluvio di garantismo).

E insomma è ancora mezza-palude per la Raggi: palude di consenso (specie rispetto al sindaco a Cinque Stelle di Torino) e palude mediatica, ché tutti monitorano minuto per minuto – terremoto compreso – l’azione e la parola della prima cittadina che ha avuto, con la città, una luna di miele al contrario. Raggi infatti ha scontato il suo essere stata scelta in un’altra epoca storica del M5s, con Gianroberto Casaleggio ancora in vita e a supervisionare le gesta della candidata non benvoluta dal giro grillino romano che, con Roberta Lombardi e Paola Taverna a fare da king maker, voleva eleggere l’ex candidato sindaco Marcello De Vito. E però, dopo la vittoria, si era già in un altro mondo, senza Casaleggio senior e senza coordinate. A chi rivolgersi e affidarsi, essendo un sindaco neo-eletto di “società civile” nel non-partito che viene dal web? Magari, fuori dal web, a chi si conosceva. Per esempio all’ex datore di lavoro, avvocato Pieremilio Sammarco, uomo attorno ai cui silenzi si legittimano le fantasie più sfrenate. O al collega Frongia, ex consigliere come Raggi. O a Marra, appunto, uno che pareva conoscere i segreti del castello capitolino (segreti finiti negli omissis?).

Di più su questi argomenti:
  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.