Alessandro di Battista e Giovanni Minoli (foto LaPresse)

Democrazia chi?

Luciano Capone

E’ sovrano chi decide le domande o chi dà le risposte? Di Battista svela l’“ipocrisia diretta” del M5s

Roma. Ci sono delle frasi, delle affermazioni, delle risposte che, involontariamente e spesso in maniera non immediatamente percettibile, rivelano molto più del loro contenuto esplicito. Per capire cos’è e come funziona, su quali princìpi e meccanismi procedurali si fonda la “democrazia diretta” del Movimento 5 stelle bisogna ad esempio soffermarsi su pochi secondi del lungo “Faccia a faccia” tra Alessandro Di Battista a Giovanni Minoli. Le risposte dell’esponente di punta del M5s alle domande incalzanti del giornalista sono sempre evasive, generiche, retoriche e così sembra essere anche quella sul futuro dell’Italia grillina in Europa, rispetto all’unione politica e monetaria: “L’Unione europea non c’entra nulla con l’unione monetaria – risponde Di Battista. Noi non vogliamo uscire dall’Unione europea e sull’euro vogliamo far decidere i cittadini italiani con un referendum”. Anche in questo caso la risposta è abbastanza vaga e ambigua, il M5s vuole rimanere nell’Unione e non sa dire se vuole restare nell’euro: lo decideranno i cittadini. Ipocrisia diretta. La frase non dice nulla sull’europeismo e sulla politica estera, ma mostra in realtà il vero volto della “democrazia diretta” grillina: quando Di Battista dice “non vogliamo uscire dall’Unione europea” e “sull’euro vogliamo far decidere i cittadini”, mostra come il vero soggetto che detiene il potere deliberativo non sia il “popolo”, ma chi decide se far decidere il popolo. In pratica in democrazia non è sovrano chi risponde alle domande – la storia è piena di sistemi politici autoritari e totalitari che ponevano quesiti ai sudditi – ma chi ha il potere di porre le domande e di far rispettare le risposte.

Senza andare troppo indietro alle sospensioni e alle epurazioni, alle regole cambiate da un giorno all’altro o agli organi intermedi istituiti e smantellati sulla base della volontà del capo politico, un esempio recente è quello della legge elettorale. Il Movimento 5 stelle ha convocato pochi mesi fa i propri iscritti in una consultazione-maratona per decidere la legge elettorale: 30 mila militanti hanno espresso 220 mila voti in 8 differenti votazioni per decidere aspetti molto tecnici come il sistema di ripartizione dei seggi, l’ampiezza dei collegi elettorali, le soglie di sbarramento e il modo di espressione delle preferenze. Non era importante che venisse fuori una legge coerente – spesso le contrattazioni e i compromessi parlamentari producono risultati peggiori – ma che fosse rispettato il processo, la democrazia diretta. Ma la “sovranità popolare” e tutta questa lunga trafila sono finite nel cestino dopo il referendum, quando il Movimento 5 stelle ha proposto di andare immediatamente al voto con un’altra legge elettorale, completamente diversa e addirittura sconosciuta, l’Italicum così come verrà approvato dalla Corte costituzionale (anche dovesse essere lasciato così com’è). Se questa è la “democrazia diretta”, è evidente che a dirigerla sono Grillo e la Casaleggio Associati, non gli iscritti e men che meno “il popolo italiano”.

 

Eppure ci sono osservatori, generalmente acuti, che chiedono ancora al M5s di dire con “un Sì o un No, senza sfumature” se, nel referendum che vuole indire, farà campagna a favore o contro la permanenza nell’euro, quando il sito del M5s per raccogliere le firme si chiama “Fuori dall’euro”, afferma chiaramente “riprendiamoci la sovranità monetaria”, spiega “come si esce dall’euro”, indica “i costi dell’euro” e denuncia come “l’euro uccide le imprese”. In decine di comizi esponenti di punta del Movimento 5 stelle hanno esposto le loro bizzarre teorie economiche sul signoraggio monetario e la loro concezione tipografica della produzione della ricchezza: “Vogliamo una nostra moneta stampata da una nostra banca. Perché la moneta è dei popoli, non delle banche private. Vogliamo sovranità monetaria”, diceva Di Battista. Come si vede il popolo non decide ma è chiamato a ratificare, non dirige ma è guidato, la democrazia più che diretta è eterodiretta. Come spiegava negli anni 40 l’economista austriaco Joseph Schumpeter, sulla scorta degli studi di Vilfredo Pareto, a chi credeva nella democratica e rousseauiana “volontà generale”, quanto più sono deboli gli elementi logici e la razionalità critica nei processi mentali collettivi tanto più la volontà generale viene surrogata e diventa una “volontà manipolata”: “Il fenomeno che ci si presenta – scriveva Schumpeter in “Capitalismo, socialismo, democrazia” – è quello di una volontà non genuina ma artefatta, e spesso questa creazione fittizia è tutto ciò che corrisponde nella realtà alla volonté générale. La volontà popolare è il prodotto, non la forza propulsiva, del processo politico”. 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali