Matteo Renzi (foto LaPresse)

Il tic dell'“uomo solo al comando”

Redazione

Craxi, Cav., Marchionne, Renzi: chi decide e sceglie diventa tabù

L’uomo solo al comando” è lo spauracchio agitato dal fronte del No ora che si è capito – come notava sul Foglio di ieri Angelo Panebianco, intervistato da Marianna Rizzini – che ormai non c’è più da aspettarsi da quella parte nessuna “pacata riflessione nel merito”, posto che mai ci sia stata. E’ surreale che l’accusa venga fatta a Matteo Renzi da Beppe Grillo e dai suoi, cioè dai protagonisti di un movimento verticistico e fideistico parodia del maoismo, con il Garante unico tipo Grande timoniere, un “non statuto” in barba alle leggi, selezione dei candidati e comunicazione istituzionale affidata a siti internet blindati, dibattito interno censurato e sostituito dal format della piattaforma Rousseau. Ma è anche bizzarro che alla favola dell’ “uomo unico” si sia convertito Silvio Berlusconi: il quale nei suoi tre periodi a palazzo Chigi si è sempre lamentato dell’assenza di poteri del premier (“Conto meno di un primus inter pares”), tanto che nella propria riforma costituzionale bocciata dalla sinistra referendaria aveva introdotto il premierato forte; mentre riguardo a Forza Italia, al Pdl e al centrodestra si è costantemente autoinvestito del ruolo di leader.

 

Ma non è solo un problema di oggi. La sindrome anti-uomo solo è una costante della politica e della società italiana, sindrome alimentata dalla difesa non tanto della democrazia quanto di poteri intermedi e autoreferenti ognuno con diritto di veto. Sindrome, inoltre, trasmessa all’immaginario popolare dalla cultura scolastica basata sul consenso anziché sul libero contrasto delle idee. Senza scomodare Alcide De Gasperi e la “legge truffa” del 1953, primo tentativo di maggioritario, basta ricordare le accuse di autoritarismo a Bettino Craxi per il decreto di San Valentino del 1984, opera di Ezio Tarantelli (ucciso dalle Br), che modificò la scala mobile bloccando un’inflazione del 25 per cento. Craxi batté poi nel referendum la Cgil e soprattutto il Pci; la pagò, come sappiamo.

 

Anche Berlusconi fu accusato di progetti eversivi dopo il tentativo di riformare le pensioni, e le prime innovazioni del mercato del lavoro di Marco Biagi (ucciso dalle Nuove Br). Sergio Marchionne è stato trascinato dalla Cgil alla Corte costituzionale per avere introdotto gli accordi aziendali di produttività, e uscito dalla Confindustria rompendo la cristalleria consociativa ha subìto lo scetticismo dell’imprenditoria benpensante. Ora tocca a Renzi. Il quale ha certo compito degli errori: però ha anche lui provato ad abbattere alcuni blocchi burocratici, sociali, sindacali (con il Jobs Act, che quarda caso si vorrebbe pure quello abrogare con referendum). Questa è la colpa: altro che dittatura.