(foto LaPresse)

Cosa Grigia in allerta

Marianna Rizzini
Se i Cinque stelle e il Pd renziano non ridono, gli eserciti di transfughi e reduci ballano (un po’).

Roma. “Da uomo libero, non posso non uscire da questo movimento”. Sono le ore successive al j’accuse (con addio) del sindaco di Parma Federico Pizzarotti, neo transfuga dal M5s. Ma sono anche giorni faticosi per il fronte renziano del “sì” al referendum: c’è il sondaggio che sul Corriere della Sera dà in vantaggio il “no” nel sud, c’è il borbottìo interno al Pd che non si placa, c’è il centrodestra che vuole compattarsi sul tema. Giorni faticosi, sì, nonostante il sollievo post confronto televisivo su La7 tra il premier Matteo Renzi e Gustavo Zagrebelsky, professore e paladino del “no” criticato nella sua performance addirittura dall’amico Eugenio Scalfari, nel lungo editoriale su Repubblica in cui il Fondatore spiega perché e percome il prof. Zagrebelsky sbagli quando parla di Renzi come di uno che tende “verso l’oligarchia” (“L’oligarchia è la sola forma di democrazia, altre non ce ne sono… salvo la cosiddetta democrazia diretta, quella che si esprime attraverso il referendum”, scrive Scalfari, convinto che Zagrebelsky non la voglia, la democrazia diretta, pur detestando l’oligarchia).

 

E a chi guardi il quadro da fuori, specie dai ranghi della “Cosa grigia” anti governativa, ovvero dalla sinistra un po’ Podemos un po’ no, fatta di impalpabili (e variabili) eserciti di ex Pd, ex M5s, ex Sel e seguaci del “Possibile” di Pippo Civati, il quadro deve sembrare in qualche modo invitante, come se vaste praterie si aprissero, tanto per cominciare, in direzione delle prossime amministrative e oggi stesso in Campidoglio (dove un giorno sì e uno no si sente parlare di “geometrie variabili”: che cosa succederebbe se i Cinque stelle scaricassero la sindaca Virginia Raggi?).

 

E se l’ottobre non più rosso come ai tempi delle grandi manifestazioni sindacali offre un panorama di parallele difficoltà nel Pd di maggioranza e nel M5s, dalle finestre immaginarie della “Cosa Grigia” ci si può in un certo senso consolare, guardando con meno sfiducia a un futuro che a lungo è sembrato nerissimo. Che cosa accadrà, ci si domanda tra reduci e/o sconfitti di altre stagioni politiche, all’idea di un Renzi indebolito da una vittoria del “no”? E che cosa accadrebbe a livello locale e nazionale, sul piano delle alleanze pre-elettorali e dei conteggi parlamentari, specie in una situazione in cui la spalla alfaniana di Renzi, visto l’eventuale risultato anti-governativo del voto, cominciasse a essere considerata, alle brutte, non così insostituibile? E’ tutto ancora fatto della materia di cui sono fatti i sogni oppure no?, è il dubbio che attanaglia gli ex “Podemos” italiani.

 

“Ci si è messa pure l’intervista di Dario Franceschini a Repubblica, quella in cui il ministro apre alle richieste di Pier Luigi Bersani sulla legge elettorale”, dice Pippo Civati, di fronte a quella che chiama “esplosione di contraddizioni nei grandi partiti della nazione: il Pd e i Cinque stelle”. C’è tutto un elettorato “a cavallo tra i due partiti” non così lontano dalla sinistra governativa sognata da “Possibile”, dice Civati alludendo soltanto in parte al caso Pizzarotti. “C’è un’area del M5s”, dice, che “si è resa conto di quanto sia frammentato il ceto di ‘eletti’ del Movimento in giro per l’Italia e che, anche volendo restare fedele a Grillo, ha preso coscienza del fatto che qualcosa fa acqua nella costruzione della sua proposta politica”. Civati è scettico sulla “rilevanza parlamentare”di un’eventuale vittoria del “no” (in combinato disposto con la crisi identitaria grillina).

 

Prevede invece “uno sfarinamento dei due colossi Pd e M5s, ormai a tutti gli effetti partiti di ‘centro’. E questo porterà tutti, non solo il Pd e il M5s, a doversi in un certo senso riformulare. ‘Opporsi a Renzi o, sull’altro fronte, al mainstream grillino, ma per fare cosa?’, è la domanda che dovremo porci tutti, specie in una sinistra che si pensa governativa. A sinistra c’è già un vuoto, ma in caso di vittoria del ‘no’ questo vuoto dovrà essere riempito velocemente di contenuti”. Della “Cosa grigia” si intuiscono dunque primi movimenti e i sogni di gloria. Altra cosa è inverarli. Civati dice intanto che “non bisogna farsi trovare impreparati, immobili con le bandiere in mano o, al contrario, lì a fare finta che non esistano. Un problema non solo italiano, questo, ma di tutta la sinistra europea”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.