Virginia Raggi (foto LaPresse)

Nuova classe non dirigente

Giuliano Ferrara
Bambolina imbambolata non va bene? E’ sessista? De Luca non si porta? Cambiamo registro, sentiamo che ne dicono gli animalisti. Un asino in mezzo ai suoni, questo è Virginia Raggi, plebiscitata sindaca di Roma dalla plebe elettorale credulona, infuriata con i partiti tradizionali.

Bambolina imbambolata non va bene? E’ sessista? De Luca non si porta? Cambiamo registro, sentiamo che ne dicono gli animalisti. Un asino in mezzo ai suoni, questo è Virginia Raggi, plebiscitata sindaca di Roma dalla plebe elettorale credulona, infuriata con i partiti tradizionali. Leggo nel web, che a governare serve poco, ma a qualcosa serve. “La facezia evoca la figura del mulo alla festa di paese con la banda che impazza. La traduzione – ad sensum – più fedele di questo detto ritengo sia ‘L’asino frastornato’. Il detto indica una persona che si trova in mezzo a un gran numero di fonti di informazioni (che nel detto sono rappresentate dai suoni). Pertanto l’impiego è indicato per chi si trova a dover giudicare o dover decidere, e le tante voci da ascoltare giocano il ruolo di elemento di disturbo più che di aiuto”. Niente di insultante, dunque: un giudizio proverbialmente tecnico. Al posto della banda di paese che frastorna l’asino, ecco il diviso e divisivo Direttorio (termine prenapoleonico con il quale si definisce senza sorriderne la piccola accolita di grillini raccolta intorno a Di Maio e Di Battista). Oppure le varie storie di assessoresse all’Ambiente amiche di Buzzi e compagnia, capi di gabinetto nominati, ben pagati e poi revocati per una circolare di Cantone, assessori al Bilancio invisi a questo o a quello che si dimettono nel primo mese di attività, direttori generali dei Trasporti che se ne vanno sconsolati, e una serie di equivoci tra fidanzati in carriera, rivali della sindaca, nepotismi di serie B eccetera. Un sistema di potere come un altro, ma più debole e inefficiente, una classe non dirigente per la capitale del paese già gravata dalle stupidaggini di “Mafia Capitale”.

 

Theresa May, primo ministro britannico, non è the donkey within the sounds, l’asino eccetera. Ha esperienza. Non viene dalla società civile ma da un grande partito tradizionale che gode di un consenso informato e interclassista fondato sulla commisurazione di progetti e risultati. Fi and Nick, Fiona Hill e Nick Timothy, sono i suoi angeli custodi, il suo joint chiefs of staff, una coppia formidabile di capi di gabinetto di cui nessuno vuole sapere quanto guadagnano, tantomeno segnalando ruolo e busta paga all’Agenzia anticorruzione, e da cui tutti si aspettano che aiutino la premier to deliver, a produrre risultati politici decisionisti in tempi duri, ma non poi così duri, di Brexit. I due vengono da “ordinary working families”, non sono etoniani, non appartengono all’élite. La ragazza, Fiona, nasce come giornalista in Scozia, ed è garanzia di un conservatorismo “one nation”. Lui Nick, viene da Birmingham e fa da connessione logica con le Midlands industriali, che non possono essere ignorate. E’ gente poco showy, che lavora per soddisfare i bisogni della politica, con riservatezza, senza alimentare il mito regressivo della trasparenza, casomai quello progressivo dell’efficienza. E i magistrati sono del tutto fuori dalla decisione politica e dal meccanismo delle autorizzazioni.

 

La sindacatura grillina di Roma, nata burina e forastica fin dal principio, promette sfascio su sfascio, sempre in nome della trasparenza, e non garantisce nemmeno gli elementi centrali di uno staff o di una squadra in grado di assolvere i doveri funzionali di una grande capitale europea. Olimpiadi? Cincischiano, dicono e non dicono, lanciano il sasso e ritraggono la mano, asini in mezzo ai suoni. Amministrare non è facile, ma non sapere se si vogliono fare le Olimpiadi a Roma è al di sotto del livello di sussistenza di una grande città, è un comportamento da straccioni politici. 

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.