Alessandro Di Battista (foto LaPresse)

La #PiovraPd e la pesca a strascico di Di Battista

Luciano Capone
Gli ultimi casi sono Pellizzotti e Nogarin, ma nella rete giustizialista dei grillini finiscono tutti: innocenti, indagati, assolti e “citati”. Per Dibba è solo “garantismo peloso”.

Roma. Che a nessuno venga in mente, dopo gli avvisi di garanzia a Federico Pizzarotti e Filippo Nogarin e ai loro assessori, di fare tabelloni e liste d’indagati grillini. Quelle sono cose che fa il Movimento 5 stelle con una furia giustizialista che non tiene conto dei princìpi basilari dello stato di diritto e in molti casi neppure della decenza. Qualche giorno fa Alessandro Di Battista, uno dei cinque del direttorio grillino, si è presentato in collegamento televisivo a “Piazza Pulita” di Corrado Formigli con dietro, a fare da sfondo alle sue invettive, un polpo gigante con nomi e foto di persone coinvolte in inchieste. E’ “la Piovra Pd”, il sistema di malaffare che opprime l’Italia, con a capo Matteo Renzi che, visto il richiamo al celebre sceneggiato degli anni Ottanta, “è credibile come i mafiosi”. Così dice Dibba. Naturalmente Di Battista ha poi rilanciato la Piovra con i nomi degli impresentabili sul blog di Grillo e sui social con l’hashtag #PiovraPd.

 

La cosa raccapricciante non è tanto l’atteggiamento più o meno giustizialista di Dibba e dei suoi rispetto alle inchieste e all’azione della magistratura, ma il rapporto dei grillini con la realtà delle cose. E basta citare i nomi e i casi giudiziari più famosi, non quelli dei consiglieri di circoscrizione di vattelappesca, per comprendere come la campagna giustizialista prescinda dalle inchieste, dalle sentenze e dai fatti di rilievo penale. Tra i tentacoli del polpo gigante di Dibba ad esempio ci sono i nomi dell’ex ministro Federica Guidi, dei ministri Maria Elena Boschi e Graziano Delrio che hanno la colpa di essere “citati nell’inchiesta Trivellopoli”. A fianco alle figure del condannato, dell’imputato e dell’indagato, i grillini inventano quella del “citato” che evidentemente è sufficiente a far scattare la presunzione di colpevolezza.

 

C’è poi Filippo Penati, in veste di “accusato di corruzione e concussione”, senza dire che l’ex leader dem lombardo non è accusato più di nulla perché i suoi processi sono finiti da un pezzo e Penati ne è uscito pulito. Tra i delinquenti c’è anche Virginio Merola perché “indagato per omissione d’atti d’ufficio”, non dice Dibba che è stata la procura stessa a chiedere l’archiviazione per il sindaco di Bologna su vicende che riguardavano il mancato sgombero di alcuni edifici. Nella Piovra c’è spazio per il governatore della Campania Vincenzo De Luca, “imputato di associazione a delinquere, concussione, abuso d’ufficio”, non conta che De Luca sia stato assolto dalle accuse per associazione a delinquere e per abuso d’ufficio ed è stata chiesta dal pm l’archiviazione per concussione. Tralasciando il fatto che molti altri casi citati sono simili a quelli in cui sono coinvolti i grillini che amministrano qualcosa, vedi Pizzarotti e Nogarin, è incredibile che Dibba addirittura inserisca nella sua lista di proscrizione persone come Graziano Cioni e Gianni Biagi, indicati come “condannati” e invece assolti dopo otto anni di processi. Cornuti e mazziati. Ma non conta nulla, per Dibba è solo “garantismo peloso”. Innocenti, indagati, assolti e “citati”, nella pesca a strascico grillina, finiscono tutti nella rete dei colpevoli.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali