Andrea Romano (foto LaPresse)

Ridurre le tasse indipendentemente dall'Europa ed elezioni nel 2018 dopo aver vinto la battaglia culturale nel Pd

Redazione
Andrea Romano: “Il lodo del Foglio? No elezioni anticipate, sì a un grande piano di riduzione della pressione fiscale associato ad un piano di riforme strutturali”.

Sul Foglio di giovedì 7 aprile, Claudio Cerasa ha scritto che servono tre mosse contro l’assedio: trasformare il referendum costituzionale in un’occasione per superare i vecchi steccati del Pd, viaggiare dopo il referendum di ottobre verso il voto anticipato del febbraio 2017 per capitalizzare il consenso e costruire una campagna elettorale attorno al tema di una grande rivoluzione sulle tasse (taglio del venti per cento di Ires e venti per cento di Irap) anche a costo di sforare per tre anni il rapporto tra deficit e pil, come fece nel 2003 la Germania di Gerhard Schröder.

 

E’ il lodo Foglio per salvare il renzismo. Può funzionare? Dice al Foglio Andrea Romano, deputato del Pd: “Del Lodo Foglio mi convince molto la terza parte, quella più sostanziosa e sostanziale: un grande piano di riduzione della pressione fiscale associato ad un piano di riforme strutturali, meglio se concordato con l’Europa ma comunque da realizzare in ogni caso. Mi convince perché è quanto abbiamo già iniziato a fare (con la riduzione delle tasse su lavoro e imprese) ed è quanto è indispensabile portare a compimento, con coerente radicalità. La vera rottura culturale del renzismo con la tradizione statalista della sinistra che perdeva e si lagnava è nella rappresentazione delle tasse, completamente invertita da Matteo Renzi: le tasse non sono più una ‘bella cosa’ a prescindere dalla loro quantità, ma sono un peso da ridurre e ridimensionare proprio per poter liberare le energie vitali di una nazione compressa sotto molti punti di vista. Ho qualche perplessità sull’idea di fondare un nuovo contenitore politico: Renzi è il segretario del principale partito della sinistra europea, la tentazione minoritaristica e protestataria tipica di chi fonda nuovi partiti è qualcosa che non gli appartiene e semmai il lavoro da portare a compimento – con la stessa coerente radicalità della battaglia sulle tasse – è quello di una battaglia culturale dentro il PD per rendere solide e davvero egemoniche le idee della rivoluzione renziana dentro il partito. Senza alcuna velleità di uniformare qualunque diverso pensiero al renzismo, ma compiendo fino in fondo quella battaglia culturale che nessun leader riformatore della sinistra italiana ha mai avuto davvero il coraggio di fare. Uno dei più grandi errori di D’Alema, nella sua lontana fase riformatrice, fu quello di pensare che la sinistra italiana fosse irriformabile di natura e che dunque dovesse essere “violentata” dall’esterno lasciandone intatti gli equilibri culturali interni. Renzi non farà lo stesso errore: ha un approccio gramsciano alla battaglia culturale più solido di chi come D’Alema (e Veltroni) veniva dalla tradizione PCI. Per completare quella battaglia serve tempo, costanza, radicalità e strumenti come un partito, una stampa politica, think tank etc. Ci stiamo attrezzando…”.

 

Andrea Romano, deputato del Pd