Il senatore Domenico Scilipoti Isgrò (foto LaPresse)

La seconda vita di Scilipoti (Isgrò)

David Allegranti

Il senatore di Forza Italia ha aggiunto un cognome al cognome: “Non ho cambiato nome ma è quello di papà. L’ho fatto aggiungere, ma non per cambiare immagine”. Eppure quel doppio cognome è un momento epifanico, ne testimonia il travaglio interiore, il passaggio da macchietta a riserva della Repubblica.

Roma. Di colpo, Domenico Scilipoti si fece Isgrò. Aggiunse un cognome al cognome. “Non ho cambiato nome ma è il cognome di papà. L’ho fatto aggiungere, ma non per cambiare immagine”, disse a ottobre Scilipoti Isgrò a La Zanzara, trasmissione di cui a lungo è stato frequentatore e incursionista, salvo poi parteciparvi più di rado, con l’aria di chi ormai s’è dato un contegno, un tono.
Quel doppio cognome è comunque una svolta esistenziale nel percorso del senatore ex dipietrista, poi berlusconiano. E' un momento epifanico, ne testimonia il travaglio interiore, il passaggio da macchietta a riserva della Repubblica. Era sguaiato alla Camera, con l’occhietto rivolto sempre al cronista al quale regalare una boutade buona per un titolo; adesso che sta al Senato – dimagrito, con gli occhiali dalla montatura spessa da intellò – cammina con passo sicuro, insomma da statista. Scilipoti Isgrò ora trasmette, che dico!, trasuda, che dico!, gronda istituzione.

 

Ogni volta che prendeva parola alla Camera s’alzava il coro “monnezza, monnezza”, al Senato invece sono più autoriali in certe sottolineature, comunque presenti, come si capisce anche dai richiami della presidenza ai colleghi che borbottano e commentano quando Scilipoti Isgrò prende parola e interviene sulle unioni civili, con la Bibbia in mano in qualità di “uomo di scienza, avendo esercitato la professione di medico specializzato in ginecologia e ostetricia, ma anche e soprattutto di uomo di fede cristiana”. Da luminare cattolico dunque, Scilipoti Isgrò ha letto in aula alcuni passi della Bibbia che paiono proprio fatti apposta per silurare il ddl Cirinnà: “La donna non si vestirà da uomo e l’uomo non si vestirà da donna, poiché il Signore tuo Dio detesta chiunque fa tali cose. Non ti coricherai con un uomo come si fa con una donna, è cosa abominevole. Non rendetevi impuri con nessuna di tali pratiche poiché con tutte queste cose si sono rese impure le Nazioni che io sto per scacciare davanti a voi. Chiunque praticherà qualcuna di queste abominazioni, ogni persona che le commetterà, sarà eliminata dal suo popolo”. E questa era tratta dal Levitico. Poi il senatore Scilipoti Isgrò, già segretario politico nazionale del Movimento di Responsabilità Nazionale (MRN), ha aperto la Prima lettera ai Corinzi e ha letto. “Non v’ingannate; né i fornicatori, né adùlteri, né effeminati, né gli omosessuali (Scilipoti Isgrò dice uomosessuali, ndr), né ladri, né avari, né ubriaconi, né oltraggiatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio”. Dunque, l’argomentazione finale: “Non c’è moglie senza marito e non c’è marito senza moglie. E, soprattutto, non c’è vita senza entrambi i sessi”, ha detto il senatore di Forza Italia, una vita spesa in difesa della famiglia tradizionale. “Una madre surrogata non è madre, neanche ai gatti e cani si tolgono i cuccioli. I cristiani devono essere uniti in difesa della famiglia indipendentemente dalla loro appartenenza politica”.

 

Per la verità, queste erano cose che Scilipoti diceva già quando ancora non era Isgrò, a La Zanzara, seppur con tono più sguaiato: “Se passasse il matrimonio gay si potrebbe rischiare l’estinzione degli esseri umani, della specie”, diceva parlando con Giuseppe Cruciani e David Parenzo, in un crescendo di argomentazioni. “Io ho il coraggio di dire che la famiglia è composta da uomo e donna e la difenderò fino alla morte!”. E fino alla morte, Scilipoti non ancora Isgrò s’era lanciato, poco tempo prima, contro Rosario Crocetta e contro l’Udc, che in Sicilia lo sostiene: “È grave che un partito come l’Udc, che si dice di ispirazione cattolica, si allei in Sicilia con un uomo come Crocetta, del quale, sia chiaro, non ho nulla da dire sul piano personale, ma che dal punto di vista cattolico teorizza e propaganda quelle pratiche che le Sacre Scritture e il Vangelo, San Paolo in primis, bollano come pratiche sodomitiche contro natura”. E non è cosa buona e giusta.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.